storia di Rocca

1674: il 27 ottobre un decreto vescovile decreta l’erezione della parrocchia di Rocca, Incino Corlo staccandola dalla pieve d’Arsiè. Primo parroco fu nominato don Simone Rizzon. Nel decreto di nomina era fatto obbligo al parroco oltre alla normale attività (messe, dottrina cristiana ecc, ) di spiegare il catechismo ai pastori, e fossero fatte imparare le preghiere nella lingua italiana e non come si faceva prima in dialetto. Sempre nel 1674 fu costruito a Rocca il primo cimitero ove furono subito portati tutti i morti d’Incino, prima ancora le sepolture avvenivano ad Arsiè.

1766 un gruppo di malviventi si riunisce in banda e mettono nel terrore Enego Foza e tutto il canale del Brenta e dilagano anche nel Feltrino e in alcune zone del trevisano. A capo della banda sta Marco Antonio Bertizzolo detto Alban o Bano. Aveva la base ad Enego, ma poteva contare su basi sicure ad Incino Corlo Fastro e Zanetti e in valle di Seren. Pareva imprendibile, Venezia ordinò di stanarlo, ma inutilmente finchè una grossa taglia fece effetto, stava giocando a carte a Primolano, quando una spia ne segnalò i movimenti, le guardie a cavallo fecero irruzione, Bano riuscì in un primo momento a fuggire e tentò di ritornare ad Enego, inseguito, fu ferito ad un piede e catturato,fu trascinato di nuovo a Primolano dove morì dissanguato. Le guardie si apprestarono a ritornare a Bassano a riscuotere la taglia, ma furono intercettate a Valstagna e vennero annientate, ma le gesta di Bano finirono e i suoi uomini si dispersero, alcuni passarono nel territorio d’Arsiè, ma Venezia ordinò al capitano Di Feltre Antonio Crotta di ripulire la zona d’Incino, Rocca e Corlo, durante una battuta al ponte che da Incino porta al Corlo fu catturato il bandito Pietro Guerra grande amico di Bano, incarcerato prima a Feltre poi a Venezia sarà impiccato in Piazza San Marco.

1745 fine luglio: visita pastorale ad Arsiè del vescovo di Padova cardinale Rezzonico (futuro papa Clemente XIII) l’allora arciprete don Giovanni Forcellini informò il cardinale, di un grave abuso delle contrade del Corlo e Incin che non mandavano i loro ragazzi a scuola di dottrina a Rocca. Altre lamentele perché gli abitanti di Rocca e Incin invece di partecipare alle processioni organizzate da Arsiè per implorare la pioggia nei tempi di siccità, usassero andare a Santi fuori dal territorio della pieve ( probabilmente si recavano a San Vito ad invocare i Santi Martiri. ). In quell’anno Rocca e Incino avevano 1001 abitanti, la gioventù era vivace e aveva la brutta abitudine di recarsi a messa ornata di fiori.

1815 Caduto Napoleone, si tenne a Vienna un congresso tra i vincitori per instaurare un nuovo ordine in Europa, tra tante decisioni una ci riguarda: la Lombardia e il Veneto furono assegnati all’Austria e Incino con tutto il territorio d’Arsiè fu inglobato nell’impero austro-ungarico. Subito fu istituita la provincia di Belluno dotata di vera autonomia amministrativa. La provincia fu divisa in distretti e comuni, il sesto distretto (capoluogo Fonzaso) comprendeva i seguenti comuni:

1) Fonzaso e Arten. 2) Arsiè. 3) Rocca con Incino, Fastro e San Vito. 4) Mellame e Tovio (Tovio era l’antico nome di Rivai), 5) Lamon. 6) Arina. 7) Servo e Sorriva.Al tempo in cui Rocca era comune, il consiglio comunale era chiamato “ regola” ed era formato da 20 uomini fra di essi 4 erano zuradi (responsabili dell’ordine pubblico e della sorveglianza dei foresti) 2 erano saltari (guardie boschive e campestri) 2 cercamainenti (custodi dei confini e pacificatori nelle vertenze confinarie), 2 massari ( esattori delle tasse e amministratori dei beni delle chiese e confraternite, nonché sorveglianti delle cassette delle elemosine che erano aperte ogni sei mesi), 1 quaderniere (segretario comunale con il compito di registrare tutte le decisioni prese). La regola che di solito si riuniva alla vigilia di qualche festa religiosa era presieduta dal mariga ( sindaco) che esercitava il controllo sui beni comunali, ripartiva il denaro raccolto con le imposte, aveva l’obbligo e la facoltà di far arrestare i contravventori delle regole, aveva il potere di imporre ai cittadini maschi la costruzione di strade e ponti e altri lavori di pubblica utilità utilizzando la lavorazione a piovego. L’unica tassa era la “colta”(raccolta) e i destinatari erano esclusivamente i capifamiglia. Tutte le riunioni pubbliche erano precedute dal suono delle campane, tale usanza rimase in vigore fino al 1926, quando fu abolita dal fascismo.

Grazie a questo periodo di pace assoluta, dopo la bufera napoleonica, si ha il massimo sviluppo della popolazione con la costruzione di piccole borgate fino nei posti più remoti, purché vi sia un pò di terra coltivabile. Sorgono in questi anni (tra il 1815 e il 1850 i nuclei dei Tanisoi, Prai, Martinati e Pomer.

1819 La visita pastorale del vescovo Francesco Scipione Dondi Dall’Orologio nella diocesi di padova cura di Agnese Lauretta Coccato

Istituto per le ricerche di storia sociale e di storia religiosa pag 238-251

Rocca D’Arsiè data visita 20 settembre 1819

popolazione

1. Abitanti: 1324 (798 capaci di comunione).

2. Sanità: a) allevaresse che esercitano tale ufficio ex charitate, ma che non sono con necessario diploma approvate: Zan Anna Maria, Turra Giuditta, Turra Pasqua, Borsa Domenica, Zan Felicita, Grando Paola, Smaniotto Maria, Turra Domenica, e Domenica Brustolin, istruite ed esaminate nella dottrina sul battesimo; b) medici: non vi sono medici condotti, l’avventuriero è il medico Cantilena di Arsiè, diligente nel far amministrare i sacramenti.

Struttura formale

1. Luoghi di culto: 1) chiesa parrocchiale:a) titolo: Sant’Antonio, notizie storiche: eretta con decreto del beato Gregorio Barbarigo dàto a Cismon in occasione della sacra visita nel 1674, fu poi ricostruita; non è consacrata. (In occasione della sacra visita Monsignor Dondi Dall’Orologio consacrò la Chiesa), c) pertinenze: quattro altari (Sant’Antonio, Crocifisso, beato Gregorio Barbarigo, Beata Vergine del Rosario. e), reliquie: legno della Santa Croce, beata Giovanna Maria Bonomo, Sant’Antonio, beato Gregorio Barbarigo (senza autentica);d) privilegi e indulgenze: è privilegiato l’altare di S. Antonio per sette anni; vi è indulgenza plenaria per i confratelli della scuola del Rosario concessa da Innocenzo 11º nel 1659 .. 2) oratorio pubblico dei santi Ippolito e Cassiano, già parrocchiale, di proprietà del Comune, con altare.2. Stato patrimoniale: 1) fabbriceria: entrata di lire piccole venete 250,4 da: redditi di capitali di censo della parrocchia (lire 180,9) dall’oratorio dei santi Ippolito e Cassiano (lire 69,15); 2) legati: 10 messe nella chiesa parrocchiale e una messa nell’oratorio;3) beneficio parrocchiale: di entrata di lire 790 da: ogni persona maggiore di 14 anni di ambo i sessi e “detratti gli inesigibili (soldi sei a testa per un totale di lire 80), sorgo (lire 350 in un decennio), quartese (10 stara di sorgo per lire 50), e) aggravi di lire 456,18 da: al cappellano (lire 62), cere alla chiesa d’Arsiè (lire 8,18, vino e ostie (lire opera 60), festa di titolare (lire 100), pranzo nel giorno della congregazione (lire 80), redecima all’arciprete di Arsiè (lire due), messe per il popolo (lire 144); rendita netta di lire 333,2

Le persone

1.sacerdoti: Leonardo Giuseppe, di Foza. Eletto per concorso del Vescovo nel 1813, anni 35; Maddalozzo Sebastiano, di Arsiè coadiutore, anni 37.

2. Fabbriceri: Arboit Gian Maria, presidente; Arboit Michele; Brustolin Giovanni; Benvenuto Antonio.

Vita religiosa e morale

dottrina cristiana: è tenuta dal parroco, i figli divisi dalle figlie; conto fanciulli: 88, fanciulle 76, maestri 46, maestre 41.

Disposizioni del vescovo

far autenticare le reliquie presso la curia vescovile; sospendere la messa nell’oratorio finché non si provveda ad una lapide sacra per l’altare.

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PIERO BRUNELLO

RIBELLI, QUESTANTI E BANDITI  proteste contadine in Veneto e in Friuli 1814-1866

Marsilio editori Padova 1981 pag 156–162

Quelli di Incino

Di andare a requisire grano e farina se ne parlava fin dai primi di maggio del 1817. Alla mietitura mancavano due mesi circa,il raccolto del granoturco era lontano, la carestia durava ormai da tre anni. Un giovane di Incino sceso fino a Bassano per fare un pegno, non sappiamo se da un usuraio o al Monte di pietà,lo aveva fatto sapere a uno della Rocca che faceva la stessa strada in cerca anche lui di un prestito. Giuseppe Grando di Incino rivelò appunto a Gregorio Bellaver che il piano d’azione era pronto. Non disse chi avrebbe chi avrebbe dato il via, ma di certo c’era a Incino “ un individuo destinato ad avvertire, e riunire gli altri per requisir farina e grano” , chi fosse quell’individuo non si sapeva o non si poteva dire, ed era proprio il segreto a conferire al piano quell’aria di mistero e di minaccia insieme. La conoscenza dei luoghi aiuta a spiegare i fatti. Incino è un minuscolo gruppo di case arroccate sulla cresta di un’altura di 400 metri circa. Una strada che parte da Cismon nella Val Sugana si inerpica fino al paese, per scendere poi alla Roccca e giù fino ad Arsiè nel distretto di Fonzaso. Dall’alto di Incino si scorge il torrente Cismon correre incassato in una gola verso la Val Sugana. Tutto attorno al paese solo le terrazze sostenute da muretti a secco consentono la coltivazione di uva, fagioli, granoturco e patate. Le linee delle terrazze sono visibili ancora oggi, malgrado il bosco continui ad avanzare rubando terreno alle viti. Per trovare un’estensione, se pur modesta, di prati e pascoli bisogna scendere fino alla Rocca, o meglio bisognava scendere, perché un lago artificiale costruito con arroganza e spregiudicatezza dalla SADE una trentina di anni fa ha sommerso con il vecchio paese della Rocca anche il terreno circostante. Non si deve immaginare che la Rocca fosse un fertile terreno di pianura, era anch’esso un borgo stretto tra i monti, tuttavia proprio in quel punto la valle si allargava e diventava un tratto pianeggiante, il che conferiva al paese un grande vantaggio nei confronti di Incino. Per il fatto di essere posti sulla medesima vallata, potrebbe sembrare che i rapporti tra Rocca e Incino fossero molto stretti. Contrariamente alle apparenze invece, Incino gravitava verso la sottostante Val Sugana, e cioè spiega la contrarietà dei suoi abitanti nei confronti di Rocca, dalla quale dipendevano dal punto di vista amministrativo, contrarietà che ha dato luogo a una vecchia ruggine di cui è rimasto ancor oggi il ricordo. Caso significativo è il “pericolo” che correvano quanti di Incino volevano sposare una ragazza della Rocca, o viceversa; mentre era frequente il matrimonio di giovani di Incino e Cismon. Se si va a chiedere nell’unica osteria di Incino il perché dell’affinità con quelli di Cismon ci si sente rispondere che entrambi sono “ teste calde” e” rivoluzionari” e per avvalorare tale giudizio ricordano come nel primo dopoguerra a Cismon istituirono una repubblica indipendente che batteva moneta per proprio conto. Il fatto che l’attruppamento abbia avuto luogo il lunedì 19 maggio fa supporre che il progetto sia stato discusso nei consueti incontri domenicali dopo messa o all’osteria. Anche quel lunedì era giorno festivo. Alla Rocca che era sede municipale, ci sarebbe stata una processione religiosa, e probabilmente molti sarebbero scesi fin là dalle contrade di Incino, dei Berti e del Corlo.Verso le sei del mattino di quel lunedì 19 maggio, una decina di uomini di Incino scesero fino alla casa di Gervasio Arboit, deputato comunale della Rocca. La moglie dell’Arboit, Angela, si trovava a governare il bestiame nella stalla, era sola in casa, e il marito a quell’ora stava già lavorando nei campi. Per intuire lo scopo della visita, sarebbe bastato far caso al sacco vuoto che ciascuno degli uomini portava sulle spalle, ma la donna chiese ugualmente perche fossero venuti a casa sua. Stavano cercando il deputato comunale, risposero, e volevano del sorgo. Non ce n’era di sorgo in casa, ribattè Angela Arboit. E gli altri: non ha importanza, “ il deputato verrà con noi e ce lo ritroverà” . Cosa abbiano fatto subito dopo quei dieci, dodici uomini di Incino non si sa, e nemmeno il cancelliere del censo di Fonzaso, Mengotti si preoccuperà di chiederlo nel corso degli interrogatori. Probabilmente tornarono ad Incino a raccogliere gente. Tra i due paesi c’è meno di un’ora di strada a piedi,e in questo caso i conti tornerebbero, è certo infatti che poco dopo le otto si presentarono in piazza della Rocca dalle sessanta alle ottanta persone, per la quasi totalità di Incino. Il parroco don Giuseppe Leonardi che se ne stava in canonica chiacchierando con il consigliere comunale Giacomo Grando in attesa dell’ora della messa, li vide arrivare in piazza, dopo un primo momento di perplessità, Giacomo Grando intuì il loro atteggiamento che non erano venuti per la processione ma “che si fossero sollevati per la fame” . Vi erano famiglie intere con il padre la madre e i figli, e qualcuno era munito di un grosso bastone. Il fatto che tutti i testimoni ricordino unanimi il particolare del bastone lascia supporre che il fatto provocò una certa apprensione. Ma il parroco spiegherà nel corso della deposizione che il bastone serviva loro “ per sostenersi nello stato proprio del languore” .Don Leonardi e il consigliere comunale uscirono sulla piazza. In mezzo a un grande vociare tutti si fecero attorno ai due. Una voce confusa di molti- dichiarò poi il parroco – rispose che volevano andare in cerca di aiuto, e soccorso. Il parroco cercò di fargli desistere dalle loro intenzioni, ammonendoli che stavano compiendo un grave delitto e che si sarebbero esposti all’” atrocità della pena “ prevista dalla legge. Non avevano più niente da temere ormai, gli fu risposto, perché tanto valeva morir d’una morte, come di un’altra, che il parroco e il consigliere comunale continuassero pure nelle loro prediche, essi volevano andare a prendersele dove ve n’era – il parroco stava per mandare a chiamare il deputato comunale, in fin dei conti era affar suo risolvere la cosa, quando Gervasio Arboit arrivò in piazza di propria iniziativa avendo saputo dalla moglie che i sollevati volevano suonare le campane a stormo. Nuovi tentativi di fargli desistere: lusinghe, buone intenzioni, promesse. Niente da fare, i sollevati non volevano andarsene. Solo qualche momentanea sussistenza, spiegherà il parroco, avrebbe potuto sedarli. Mentre don Leonardi restò in piazza, Gervasio Arboit e il consigliere Giacomo Grando si recarono a cercare farina di granoturco e formaggio presso le, famiglie migliori di Rocca e di Arsiè. L’attesa del loro ritorno era lunga per chi aveva fame. Mentre si aspettava il soccorso, raccontò il parroco, certo Antonio Zancanaro di Francesco, 32 anni, villico, sposato con tre figli, cadde boccone sul suolo per languidezza. In un attimo si sparse la voce, era svenuto un giovane di Incino, così non poteva continuare. Come spesso succede in casi analoghi un fatto imprevisto può mutare a un tratto il comportamento di una folla. Un fratello dello svenuto, Agostino, poco più che ventenne, corse verso il campanile gridando “ campana a martello, altrimenti qui periamo uno alla volta”.Alcuni lo seguirono tentando di entrare nel campanile, ma non vi riuscirono perché poco prima il parroco lo aveva fatto chiudere per precauzione. Al suono della campana a martello la folla sarebbe aumentata e avrebbe magari mutato atteggiamento. Consapevole del pericolo, impadronendosi del campanile aveva un chiaro significato simbolico, il parroco della Rocca intervenne personalmente per impedirlo: ma io mi vi opposi, dichiarò al cancelliere Mengotti, con tutta la forza della ragione, e della persuasione, e ebbi la sorte di divergere il loro attentato. Dopo aver fatto rinvenire il giovane svenuto, don Leonardi fece entrare tutti in chiesa per assistere alla messa. In chiesa un altro degli “ attruppati svenne per inedia, un certo Giacomo Grando che il parroco definì” ladro, disturbatore della quiete pubblica e miserabilissimo”, e che altri definirono “questuante”. Forse perché si era in chiesa, o più probabilmente perché si trattava di un mendicante, questo fatto non provocò una reazione simile a quella avvenuta poco prima in piazza. Usciti tutti di chiesa al termine della messa, il deputato e il consigliere di ritorno dalla questua fecero cucinare la polenta. Nell’attesa un altro cadde svenuto, ma era ormai questione di poco tempo, e la polenta fu servita a tutti, non è chiaro se nella piazza o dentro la chiesa. Bastò che si spargesse la voce che alla Rocca c’era da mangiare, e subito accorsero famiglie dalle contrade di Incino, del Corlo e dei Berti. In piazza si affollarono verso mezzogiorno dalle centoventi alle conto cinquanta persone, i testimoni furono d’accordo nel riferire che una metà era composta da donne e di bambini. Molti, una buona metà dei presenti, vennero in piazza solo quando seppero che c’era da mangiare. Si sa che un villico di Incino, Antonio Zancanaro, che doveva scendere in pianura quel giorno stesso in cerca di lavoro e che la fame rendeva talmente debole da impedirgli di affrontare il viaggio, saputo che si faceva la polenta alla Rocca vi scese verso mezzogiorno e solo il giorno successivo si mise in cammino. Altri erano in quel momento di passaggio per la Rocca e si fermarono giusto il tempo di mangiare la loro parte, come un certo Giovanni Maria Fantin del Corlo egli giunse, raccontò il parroco un’ora dopo gli altri, con fagotto sulle spalle e diretto verso Longarone per colà vivere coll’arte del carboniere, giunto in piazza, ed infirmato, che si faceva la polenta, si fermò per mangiarla, indi proseguì nel suo cammino.

Nei giorni seguenti il cancelliere del censo di Fonzaso procedette agli interrogatori di dieci uomini tratti in arresto, nove dei quali erano di Incino. Vennero inoltre ascoltati in qualità di testi il deputato comunale Gervasio Arboit, sua moglie Angela, il consigliere comunale Giacomo Grando e il parroco don Leonardi. I testimoni furono concordi nell’attribuire il tumulto alla fame, ed esclusero qualsiasi altro motivo. Al Mengotti premeva appurare “ se i sollevati nutrissero qualche intenzione in odio al governo “, ma le risposte furono tutte negative. Il deputato Arboit, richiesto” se gli attruppati avessero in mira altro oggetto fuori di quello di mettere a contribuzione i possidenti”, rispose: non altra mira che quella di provvedere alla loro fame. Tra i sollevati v’erano anzi molti individui smunti, e cadaverici, che dimostravano la vera necessità, e la vera fame. Il parroco don Leonardi fornì un quadro impressionante della miseria di quell’anno di carestia: nonavevano in mira, che di vivere in qualche modo meschinamente, e di non morire ne’ loro tuguri. Molti in fatto sono già morti per questa causa, e molti più ancora sono prossimi a morire. Io ho somministrato loro anche oggi gli ultimi uffici della Religione, e sono nella dolorosa sicurezza di dover fare ogni giorno lo stesso, se non giunge una speciale provvidenza. In caso diverso io pronostico, e non mi inganno certamente, che la metà della popolazione ( di Incino) dovrà per questa causa soccombere.

Gli imputati tratti in arresto erano tutti uomini, “ villici” di professione ed “ illetterati “, che non sapevano fare nemmeno la propria firma. Due erano diciottenni, uno quarantenne gli altri avevano tra i 23 e i 32 anni. Tutti si difesero dichiarando che non vi era stata premeditazione, che tutto era avvenuto all’improvviso, e che loro personalmente si erano recati in piazza richiamati dalla gente che c’era. Uno era capitato a mezzogiorno sentendo parlare della distribuzione di polenta, un altro passava per la Rocca di ritorno dal farmacista di Arsiè dove era stato ad acquistare medicinali per il padre, un altro ancora aveva visto passare la folla per strada mentre era al lavoro nei campi. Se avevano partecipato all’attruppamento lo avevano fatto per l’unico oggetto di ottenere qualche soccorso per vivere. Alvise Nardino di 24 anni di Incino dichiarò: in questo attruppamento vi entravano molte donne e fanciulli, ed era una cosa assai commovente il vedere che molti per inedia cadevano sul suolo, è prova che l’unione era mossa dalla fame, il riflesso che appena ci fu distribuita un pò di polenta e farina ritornammo tutti alle nostre case arrendendoci alle insinuazione della Deputazione comunale e del parroco locale.

Nessuno degli imputati seppe indicare chi fossero stati i promotori, sui quali il Mengotti avrebbe voluto aveva notizie più precise. Più facile fu sapere il nome di molti partecipanti, grazie soprattutto alle indicazioni fornite inizialmente dai testimoni i quali dimostrarono una grande conoscenza degli abitanti dei borghi, delle loro famiglie e dei gradi di parentela. Alla fine degli interrogatori Mengotti potè individuare una settantina di partecipanti, quelli cioè che per primi scesero alla Rocca. A ognuno fu chiesto- se sappia che tra gli ammutinati vi sia stato qualcuno che abbia minacciato di suonare le campane a stormo”. Gli imputati negarono decisamente-Ammetterlo significava infatti che qualcuno voleva dare il via a un tumulto per requisire grano e farina presso i possidenti. Unico tra tutti intimorito forse dai toni dell’interrogatorio, Alvise Nardino di 24 anni confessò di aver avuto l’intenzione assieme ai due giovani Zancanaro il cui fratello era svenuto per la fame, ma subito dopo attenuò il significato di tale proposito: Alcuni manifestarono questa intenzione colla vista soltanto di unire la gente, e di provvedere al loro bisogno, e fra questi io stesso, Agostino Zancanaro e Bortolo di lui fratello. Io stesso li ho sentiti a gridare di suonare ciocchè non ebbe poi luogo, mentre era stato chiuso il campanile.

Gli arrestati per i fatti avvenuti alla Rocca furono sedici, tutti uomini. A un mese circa dal loro arresto, il tribunale di Belluno, prese in esame il delitto di sollevazione di cui erano imputati. Fu deciso che non si dovevano punire coloro che solo formarono parte del seguito attruppamento, ma solo quanti palesarono il maggiore accanimento e prima di tutti quelli che eransi persino proposti di far suonare a stormo. Fu inoltre deciso che invece di sottoporli a un processo, sarebbe bastato infliggere loro una misura di polizia. Vennero così tradotti nel carcere della Giudecca a Venezia sette abitanti di Incino, i quali scontarono una detenzione di tre mesi.( per un’altra fonte 4 mesi )

Si deve aggiungere infine che oltre alla misura repressiva, il cancelliere di Fonzaso provvide nei giorni immediatamente seguenti il 19 maggio a inviare qualche soccorso al comune della Rocca. Egli fece pervenire 300 lire e 24 sacchi di lenticchie e fave da distribuire ai più miserabili di Incino. Lo stesso fece il delegato di Belluno, il quale inviò 550 lire

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1822 Suddivisione delle famiglie di Rocca in base al cognome

Rocca Chiesa (vecchia)

Arboit: 17; Bassani: 12; Bellaver: 4; Grando: 7; Sartor: 7; Scopel: 1; Seben: 1; Smaniotto: 8; Stieven: 11; Strapazzon: 3; Turra 17.

Rocca S.Antonio

Bassani: 3, Benvenuti: 1; Brustolin: 17: Grando: 1; Leonardi: 1; Maddalozzo: 5; Martinon: 3; Micheletta: 1, Padovan: 1; Rech: 1; Smaniotto: 2; Strapazzon: 2; Turra: 2.

Rocca piazza

Arboit: 1; Bassani: 2; Brustolin: 5; Grando: 1; Lunardi: 1; Martinon: 1; Saccari: 1, Smaniotto: 1.

Carazain- Berti

Bassani: 11, Grando: 9; Nardino: 2, Zancanaro: 6.

Brandalise- Zanet

Brandalise. 14, Smaniotto. 14.

Corlo

Fantin: 6; Smaniotto: 11.

Incino- Pomari- Casere

Borsa: 3, Grando: 13, Martinato: 1; Nardino: 11; Rech: 3, Stieven: 2, Strapazzon: 1, Zancanaro: 32.

Riepilogo cognomi famiglie, Rocca e le sue borgate

Zancanaro: 39, Smaniotto: 36; Grando: 31; Bassani: 28.

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  1824 I comuni d’Arsiè, Rocca e Mellame sono sciolti e nasce il comune d’Arsiè nella forma attuale, in tale data Rocca e Incino contavano poco più di 2000 abitanti.

1831 La visita pastorale del vescovo Modesto Farina nella diocesi di Padova (1822-1839)

A cura di Pio Pampaloni

edizioni di storia e letteratura Roma 1983 pag 906- 908

Rocca d’Arsiè

Data della visita:29 maggio. Nella circostanza si ebbero circa 600 comunioni e altrettanti cresimati.

Popolazione

1.Abitanti 1346; ammessi alla comunione: maschi 406, femmine 415; non ammessi 525.

2. Sanità: a) nessun medico o chirurgo: si ricorre a quello di Arsiè; b) levatrici 1: “per offizio di carità”.

Struttura formale

1.Luoghi di culto: Chiesa parrocchiale titolata dal 1666 ai santi martiri Ippolito e Cassiano, ma dal 1676 a Sant’Antonio di Padova; b) pertinenze: altari 4: del SS.mo, della B.V. Del Rosario, del beato Gregorio Barbarigo, della Santa Croce; quadro “molto pregiato” di San Francesco d’Assisi, pulpito, campanile, cimitero: attorno alla chiesa “con le dovute legali autorità”.

2. Oratorio pubblico dei santi Ippolito e Cassiano: un altare, una messa all’anno.

Stato patrimoniale:

1.Beneficio parrocchiale: a) attivo: lire austriache 582; b) passivo: 107,01.

2. Legati: a) Smaniotto (a.1751) con onere di messe 4 su “pezza” di terra in località “la Palina”; b) Arboit (a. 1749) di messe 2 su “pezze” di terra in località “La

Piantada del Col della Bocca”; c) Stieven (a.1653), di messe 1 su “pezza” di terra alla “Piantada”; d) Carraro (a.1702) di messa 1 su “pezza” di terra a “Ligonti”;

e) Tognetto (a. 1749), di messe 3 su due “pezze” di terra in “Candia” e al “ponte di sotto”; f) Brustolin (a.1826) di messe 1 su “pezza” di terra in “Puat”.

3. Associazioni: confraternita del Santissimo senza regolamento formale.

4. Archivio: a) stati d’anime cinque: “di varie epoche”. b) libri canonici dal 1686. c) fascicolo di leggi, regolamenti, ecc, dello stato civile, sanitario e militare.

Persone

1.Sacerdoti 2: Dall’Agnol Giovanni Battista, nato a Fastro, anni 30, parroco; Vicceli (?) Diego, nato a Fonzaso, anni 29, cappellano curato.

2. Fabbriceri 4: Grardo Giacomo, Lunardi Valentino, Arboit Costante, Brustolin Giovanni Battista.

Vita religiosa e morale:

celebrazioni di culto e le forme di pietà: 1. Messe d’obbligo: 12, di cui 10 all’altare maggiore. 2. Devozioni: nessuna funzione particolare.

Organizzazione catechistica: maestri 48, maestre 50.

Osservazioni sul popolo:

non vi sono abusi, né scandali che meritino di essere indicati.

Disposizioni

1.Munire i confessionali di veli, della bolla gregoriana e delle immagini del crocifisso.

2. Il parroco produca alla curia apposita istanza per la riduzione delle messe dipendenti da pie fondazioni.

3. Sia eccitata la religiosa pietà del parroco, della fabbriceria e della popolazione a contribuire in buona annata per” dilatare” la fabbrica della chiesa incapace di contenere la numerosa popolazione.

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 1873 mentre era in costruzione la nuova chiesa di Rocca ( quella demolita a causa dell’invaso) i rocchesani stipularono un contratto di 2059,86 lire con una cava della val Nevera, per la fornitura delle lastre del pavimento, ma avendo gia contratto altri debiti la spesa fu sostenuta dalle contrade d’Incino, Corlo e Carazzagno

 1881 il più illustre cittadino di Rocca Angelo Arboit, sacerdote, patriota, garibaldino, scrive un opuscolo di 40 pagine dal titolo”l’Italia alla vigilia di una guerra europea” in esso l’autore, rivolgendosi all’onorevole Pompeo Alvisi deputato per il collegio di Feltre, perorava la costruzione di una nuova strada tra il Feltrino e il Bassanese che passasse per Incino e sostituisse un sentierino a zig-zag che non si può passare nemmeno a piedi senza pericolo, tanto è vero che più di uno è andato a finire la caduta e la vita su quel di Cismon. Le motivazioni erano due: militari, per permettere all’esercito di evitare le Scale di Primolano e scendere direttamente a Bassano, ed economiche, permettere agli abitanti della montagna di vendere i loro prodotti direttamente alla pianura. In quegli anni il comune d’Arsiè produceva tra i trenta e quarantamila ettolitri di vino che potendosi vendere con la via aperta per Incino potrebbero vendersi con 100.000 lire sopra il prezzo attuale gravato dal giro inutile per Primolano

 1886 il 20 gennaio sgomento ad Incino per la morte di un uomo, ma poteva provocare una strage: questi i fatti come riportati nel registro dei morti con il linguaggio di allora: Stieven Giacomo di Luigi nato il 24 gennaio 1814 vedovo di Menegaz Santa di Rasai morì sotto una valanga di neve alle 10 del mattino e il cadavere fu trovato alle 4 del pomeriggio, lo Stieven era partito dalla contrada di Incin per andare al suo maso situato alla Costa, giunto sopra la fontana di Incin non si sa come, venne trascinato via dalla valanga che lo precipitò giù per la valle della fontana, furono sotterrati sotto la medesima valanga altri due fanciulli e una fanciulla alla presenza dei loro padri che non poterono prestar loro soccorso. Per loro fortuna tutti gli uomini di Incin si trovavano colà radunati per aprire le strade dalla neve allarmati dalle grida di aiuto accorsero sul posto procedendo al salvataggio, ben presto si rinvennero i tre fanciulli ancora vivi, intanto una voce chiamò aiuto sulla contrada Pomer, quella passò la voce al Col , il Col ai Berti e i Berti alla Rocca anche qui gli uomini validi erano già radunati per lo sgombero, avuta notizia del fatto tutti si precipitarono ad Incin a dare man forte ai soccorritori, dopo sei ore di ininterrotto lavoro il cadavere dello Stieven lo si rinvenne in mezzo alla valle

 1888 Le visite pastorali di Giuseppe Callegari nella diocesi di Padova 1884-1888  A cura di Filiberto Agostini volume 1 pag 22-24

 Rocca di Arsiè 

data visita pastorale:21-novembre.

natura

“è montuosa”

popolazione

1) abitanti: 2500 (1500 ammessi alla comunione).

2) sanità: le mammane patentate abitano ad Arsiè, ma il più delle volte sono alcune donne di questo paese, abbastanza istruite; il medico non avvisa mai, per cui lo fanno i diligenti parrocchiani.

3) istruzione: esiste la scuola maschile e femminile: il parroco non la visita; il maestro è miscredente, la maestra è buona e insegna la religione.

Struttura formale

Luoghi di culto: chiesa parrocchiale, titolo: S. Antonio da Padova ( 13 giugno), notizie storiche: è retta primitivamente 1674, l’attuale 1862, pertinenze: due altari (S.S.,

B.V.); Indulgenza ad septemnium all’altare maggiore, edilizia: la Chiesa è in condizioni cattive e abbisogna di urgenti restauri; secondo i fabbriceri è in ottime condizioni: il municipio concorre in parte; la canonica è misera: la cucina manca di pavimento, tolazzi del piano superiore sono cadenti, e il muro dell’orto è cadente; fu sempre il Comune che feci i restauri; cimitero: è piccolo e ha bisogno di qualche lavoro di sistemazione; oratorio pubblico di S. Ippolito

2) Stato patrimoniale:1) fabbriceria: entrate: L. 900 da alcuni delegati e questue; uscite pari alle entrate; secondo i fabbriceri: introiti di sacrestia: cassa anime: entrate: L. 800, secondo i fabbriceri: L. 450; benefizio parrocchiale: entrate: L. 590 da contribuzione della fabbriceria e dall’arciprete di Arsiè, assegno erariale, benedizione delle case; uscite: L. 400 per ricchezza mobile (200), mano morta (124), onorario all’arciprete di Arsiè (10) e al cappellano (30)

Le persone

1) sacerdoti: Arboit Michele, nato a Rocca di Arsiè 1833, parroco; Ceccon Marco, nato a San Nazario 1861, cappellano.

2) fabbriceri: Brustolin Ippolito (da cinque anni), Strapazzon Giovanni Maria (da cinque); Arboit Valentino (assente); Turra Antonio (assente), Brustolin Giovanni ( da 5).

 Vita religiosa e morale

1. Predicazione: alla messa parrocchiale.

2. Dottrina cristiana: si comincia con l’insegnamento ai fanciulli svolto dal parroco, coadiuvato “qualche volta ” dagli cappellano; il vescovo trova i fanciulli “ottimamente istruiti”

3. Atti di culto e le forme di pietà: a) orario delle messe festive: la prima alle sette, la seconda alle 11; b) mese di maggio: al mattino “con poco concorso”.c) legati:

alcuni insoddisfatti; d) battesimo: si somministra in casa nel periodo invernale; e) comunione agli ammalati cronici: si porta anche fuori del tempo pasquale; f): viatico: sempre solennemente.

4. Associazioni pie: a) confraternita del Santissimo Sacramento; b) terzo ordine francescano.

5. all’assistenza caritativa: Pio Istituto elemosiniere.

6. Osservazioni sul clero: il parroco nella relazione segreta rileva che “il cappellano Ceccon esegue a puntino tutti i suoi doveri: e se mai talvolta viene censurato nel suo modo di agire e solamente censurato da quelli che hanno sommo bisogno: ed è perché non tace mai contro il vizio è il peccato. Dio volesse che in ogni parrocchia ci fosse un simile cappellano; il cappellano dice che “si trova bene con il parroco il quale fa come può il suo dovere”; i fabbriceri affermano che il parroco gode della stima e l’affetto della popolazione, e che anche il cappellano e ben voluto.

7. Osservazioni sui fabbriceria: due fabbriceria sono di buona condotta e operano concordi con il parroco; secondo il cappellano sono zelanti.

8. Osservazioni sugli inservienti (sacrestani): il parroco nella relazione segreta nota che sono ottime persone; il cappellano lamenta che sono poco zelanti; i fabbriceri affermano che hanno una condotta regolare.

9. Osservazioni sul popolo: 10 fedeli omettono saltuariamente il concetto pasquale, tre non si accostano mai ai sacramenti “da lungo tempo per principi irreligiosi; la frequenza alle funzioni è buona, un po’ meno agli sacramenti; il cappellano dice che la popolazione è “buona e ha fede. Pochi sono guasti per principio”; secondo i fabbriceria il popolo “è del tutto favorevole”

 Movimento cattolico

il comitato parrocchiale, sarebbe stato costituito anche prima, se fosse stato necessario. Il presidente è certo Turra Giuseppe, un vero cattolico; il segretario certo Fantin Luigi, ottimo giovane.

 Dichiarazione e decreto

1.Il Vescovo si dichiara molto soddisfatto: la Chiesa è stata “èretta nuovamente dalla pietà della popolazione, e quasi compiuta”: provvista a sufficienza di arredi e suppellettili; oratorio dei ss. Ippolito e Cassiano: in soddisfacente stato materiale e provveduto quanto basta.

2. Conservare il Santissimo sacramento nella vecchia chiesa e portarlo nella nuova solo durante le funzioni, porre il crocifisso sulla croce da morto. Pag 141-143

1892 Oggi 30 ottobre FAVENTE DEO do principio al mio pastorale ministero in questa parrocchia di Rocca di Arsiè, dove venni accolto tra gli evviva di questi buoni parrocchiani, tra gli spari di mortaretti e il suono dei sacri bronzi essendo partito da Alano dove per nove anni fui come uditore , Don Luigi Mocellin.

 1912  La visita pastorale di Luigi Pellizzo nella diocesi di Padova 1912- 1921

volume primo a cura di Antonio Lazzarini edizioni di storia e letteratura, Roma 1973, libro proveniente dalla biblioteca civica di Feltre

                                                  Sant’Antonio di Padova

 Rocca di Arsiè 9 dicembre, in contemporanea con Incino

Popolazione

1. Abitanti: 2950, distribuiti in 15 piccole contrade (circa 2300 ammessi alla comunione).

2. Assistenza ostetrica: è fornita da donne attempate, nessuna approvata, tutte tollerate.

struttura formale

1. Luoghi di culto:1)chiesa parrocchiale: a) titolo: Sant’Antonio di Padova, b) notizie storiche: divenuta parrocchiale 1674, riedificata 1864, ridipinta 1909; c) pertinenze: quattro altari (il maggiore, sacro cuore di Gesù, Beata Vergine del Rosario, Sant’Anna). d) indulgenze: Perdon d’Assisi (1911), 2)Chiesa sacramentale della Beata Vergine della Salute a Incino. 3) oratorio pubblico dei santi Ippolito e Cassiano, mantenuto dalla fabbriceria.

2. Stato patrimoniale:1) fabbriceria: entrate: 1300 circa da questue, elemosine; uscite pari alle entrate, 2) cassa anime: entrate: L. 600 circa, erogate in messe e ufficiature, 3) beneficio parrocchiale: entrate: L. 1275,51 lire da contribuzione della fabbriceria, incerti di pistola, benedizione delle case,contribuzione annua di 15 centesimi per ogni individuo che abbia compiuto i 14 anni, benedizione delle puerpere, questua di mezzo staio di sorgo ( 150), supplemento di congrua ( 617,51), uscite: L. 396 per le imposte, assegno del cappellano(30), 12 pranzi al cappellano(12).

Le persone

1.Sacerdoti: Busnello Sebastiano, parroco; Covalo Giuseppe, primo cappellano; Zotti Luigi, secondo cappellano e curato di Incino.

2.Fabbriceri: Zancanaro Giovanni Battista anni 61(da26); Brustolin Giacomo, di anni 55(da 26); Maddalozzo Giovanni, anni 43(nuovo); Bassani Giovanni anni 55(nuovo), Arboit Giovanni, anni 47( nuovo).

Vita religiosa e morale

1. Predicazione: è fatta alla prima messa e alle funzioni vespertine dal parroco e talvolta dal cappellano.

2. Dottrina cristiana: è tenuta dal parroco e cappellano la festa in chiesa dopo l’ultima messa e due ore alla settimana nelle scuole in ogni classe, fuori orario, d’accordo con gli assessori della frazione: in chiesa non è stato possibile finora dividerle in classi, mancando persone che collaborino nell’insegnamento; nelle scuole è divisa in quattro classi; il vescovo si congratula per il buon esito dell’esame.

3. Atti di culto e le forme di pietà: a) si crede vi sia l’obbligo di spedire in curia di lire 25,50 per 17 messe da legati; b) prima comunione: si attua il decreto Quam singulari c) comunione agli ammalati cronici: si porta anche fuori del tempo pasquale;d) viatico agli infermi: viene accompagnato dagli fedeli di ciascuna contrada: sono da lodarsi in questo; e) battesimo: per concessione speciale, durante l’inverno, si somministra fuori dal sacro fonte nelle contrade lontane; f) funerali: ai poveri il parroco non domanda l’elemosina, anzi fa egli per il primo la sua offerta insieme agli altri perché anche i poveri abbiano la loro messa di obito, settimo e trentesimo come i ricchi; g) funzione per gli emigranti il primo venerdì del mese.

4. Associazioni pie: a) confraternita del Santissimo Sacramento istituita nel 1905, con 140 membri; b) congregazione delle figlie del sacro Cuore di Gesù istituita nel 1908;d) si è provato e continuamente si prova a istituire la congregazione della dottrina cristiana.

5. Osservazioni sul clero: secondo i fabbriceria, il parroco è amato e stimato: a parere del parroco nulla si può dire sulla condotta di Don Covalo che studia, non frequenta le famiglie, vive in casa con la domestica.

6. Osservazioni sul popolo: per i fabbriceri, corrisponde assai: tutti si sono prestati e si prestano volentieri; secondo il parroco non vi sono più scandali evidenti, ma sono da notare la negligenza somma e la trascuratezza nell’accostarsi in generale dei santi Sacramenti e la poca volontà o diligenza nell’istruire o nel fare istruire i fanciulli nella dottrina cristiana: inoltre la scarsa frequenza alle funzioni, che si vorrebbero fatte subito dopo la messa: questo però-secondo il parroco- è un pretesto, essendo la vera ragione l’aver libertà nel gioco all’osteria.

Azione cattolica

1. Circolo giovanile (1911) : ma il parroco intende ricostruirlo con criteri diversi da quello che aveva il Nosadini, che chiamava tutti senza distinzione; è in corso di istituzione la lega dei genitori per la educazione cristiana dei figli: finora gli sono state 78 adesioni.

2. Piccola cassa rurale, amministrata tutta da secolari.

La stampa

1.Buona: l’Operaio Cattolico 10 copie, la Difesa del Popolo due copie; il Foglietto della Domenica quattro copie, la patria (di Basilea) due copie, l’Amico del Popolo

(di Belluno) 10 copie, Bollettino di Sant’Antonio 19 copie: il parroco paga più della metà perché vengano letti, ma non trova corrispondenza: infatti una grande apatia al dì per leggere sia giornali buoni sia giornali cattivi.

2. Cattiva: quattro o cinque copie de il Gazzettino; diverse copie de l’Avvenire(di Bologna).

Dichiarazione e decreto

1. Ci si dichiara “molto soddisfatti”.

2. Procurare che quanto prima vengano fatti i confessionali; cambiare la tela crismale di un altare. Pag 260

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 1919 15 maggio per iniziativa e opera principale del signor Turra Gennaro fu approntata sulla facciata laterale della chiesa (dalla parte della strada) una lapide contenente i nomi di tutti i caduti rocchesani morti nella guerra di Eritrea, Libia e Italo- Austriaca. Oggi giorno dell’Ascensione, prima dell’ultima messa, fu benedetta da me Don Pietro Vezzano (cappellano di Rocca), fecero discorsi commemorativi il signor Giovanni Faoro di Arsiè, e il maestro Ganzer di Rocca. Rallegrava la banda di Rivai.

 9 settembre, la popolazione di tutta la parrocchia, malcontenta per la cattiva divisione del sussidio profughi, si porta al municipio di Arsiè, a protestare in modo un po’ violento. Il commissario prefettizio, di salute molto cagionevole, si impressiona fortemente, è costretto a letto e dopo qualche giorno muore all’ospedale di Feltre.

 1920 20 agosto, dopo aver partecipato alle feste votive di Arten, il vescovo Luigi Pellizzo passa per Rocca. Arriva in automobile alle 15, suonano le campane a festa e la popolazione tutta accorre. Il vescovo visita e ammira la Chiesa passa in canonica a ricevere l’omaggio dei fabbriceri. Riparte subito in auto, ma subito dopo la contrada Bassani, per un guasto, l’auto non può più proseguire. La vettura viene trascinata al coperto e il Vescovo, col seguito procede a piedi sino a Incino. Per la strada comincia a piovere a dirotto, arrivato a Incino il Vescovo incontra tutta la popolazione, in chiesa il vescovo parla ai curaziani e fa una mezza promessa: di mandare il nuovo curato. L’autocarro della cooperativa di lavoro di Incino trasporta monsignor Vescovo fino al Cismon sotto una pioggia torrenziale.

 Novembre: Don Modesto Zancanaro nativo di Rocca ebbe la patente di curato della medesima curazia.

 Bilancio dell’anno: nati 84; morti 37; matrimoni 43.

 1921 il 21 gennaio viene concesso il placet alla nomina di Bernardino Rossi a parroco di Rocca, farà il suo ingresso il 27 febbraio.

 1923il 14 marzo, trovava la morte mentre stava rincasando a tarda ora per il ponte delle catene Grando Antonio detto Sasso, scivolava nel Cismon perché ubriaco, fu trovato in fondo al letto del torrente nel mattino appresso.

 1926 con il 1 luglio nacque a Rocca il bollettino parrocchiale intitolato “La campana di Rocca di Arsiè“,ogni numero era stampato in 700 copie e veniva inviato gratuitamente a tutti gli emigrati. Veniva letto con avidità e ottenne plausi e consensi da tutto il paese.

1926 Rocca il cui popolo è sentitamente religioso e lavoratore silenzioso poco amante  della politica, con la massima facilità e forse perchè mal istruito sull’ importanza del voto elettorale si lascia facilmente dominare da quattro furbacchioni di araffapopoli che in ogni paese ci sono, specie in mezzo ai monti, i quali danno a intendere che fanno i loro interessi facendo intendere sia buono o massone. Esempi ai tempi di Fusinato, nel 1919 con l’on Pietroboni massone, nel 1921 con Bizzarini e Dal Fabbro e nel 1924 con la lista fascista. Nel 1924 la famiglia Turra Antonio che da invitto popolare trascinò nel vortice dell’organizzazione fascista la cooperativa di consumo fondata dai cattolici di Rocca. Il 23 marzo, dopo una riunione in canonica riguardo la situazione politica, Rocca rispose che è spiacente se i fascisti non avessero almeno la metà dei voti, quel giorno compresi che era sede del comando generale fascista per le competizioni politiche, da cattolica divenne fascista in barba ai soci. Fra i tanti in Rocca d’Arsiè, si specificò il giovane maestrino Arturo Zancanaro di Felice detto Boche insieme a Tarcisio Zancanaro di Giovanni, essendo stati avvertiti dal sottoscritto a non aflissare nel muro della chiesa, il primo rispose che comandavano loro e inveito con minacce se avessi avuto il coraggio di strapparli. Poi il sottoscritto si trovava nell’ufficio parrocchiale, mancando a tutte le regole di buona creanza, senza chiedere il permesso con i piedi delle scarpe s’apri la porta e con fare spavaldo come i Bravi di Don Rodrigo, entrò, mi trovo in ufficio insieme a Giacomo Bassani detto “il Signore” della contrada Fumegai, alla mia risposta, al gesto villano, che educazione impone di chiedere permesso e attendere risposta, rispose: i fascisti fanno così, al che da seduto mi alzai in piedi e dissi a lui e al suo compagno che fin che l’onorevole Mussolini non abolirà la proprietà privata qui sono padrone, e sono capace di prenderli per un braccio e con un buon calcio insegnarli la porta. Predica che mi portò un richiamo da parte del Maresciallo dei Carabinieri di Fonzaso (ora in pensione).

Dopo ebbe inizio la vendetta. In barba a tutte le leggi nella notte dal 31-12 al 1-1 aveva organizzato( Arturo Zancanaro) un ballo nelle aule del fabbricato scolastico che si protrasse fino alle tre del mattino. Il parroco stigmatizzò dal pulpito, facendo gli auguri di buon anno e rivolgendo gli auguri anche ai ballerini, di consumare tante scarpe, cosi darebbero da fare ai calzolai paesani impedendo l’emigrazione di loro. Continuarono chiedendo al Vescovo la rimozione del parroco e la lettera fu firmata da tutti i ballerini aggiungendo anche qualche illustre signore di idee liberali, facendo circolare la voce che entro dieci giorni il parroco dovrà partire da Rocca. I dieci giorni dei napoleoncini di cartapesta sono passati e sono rimasti con le pinne nel sacco: il parroco rimane. Non parlo dell’astio che covava nei cuori dei maestri di Rocca Centro per non aver concesso il nulla osta alla maestra Corinna Turra e Gaetano Ganzer per l’insegnamento religioso da impartirsi nelle scuole secondo le vigenti leggi scolastiche. Il Vescovo ne fu a conoscenza sia mons. Pellizzo sia l’attuale mons. Dalla Costa e da loro l’operato del parroco fu approvato. Alla famiglia Turra e altri menestrelli e oche capitoline alle loro dipendenze, l’autorità del parroco e la stima che godeva sia da parte dell’autorità ecclesiastica sia da parte del popolo era per loro grande ostacolo alla loro sempre dominazione del paese, bisognava quindi escogitare, data l’epoca favorevole del fascismo, qualche mezzo per esautorarlo e forse anche disfarsene. Alla sera del 31 ottobre intorno alle 24 il parroco stava per addormentarsi quando la nipote Nicoletta piangente avvertì colpi alla porta e urla che chiedevano del parroco che era invitato a alzarsi e seguirli entro dieci minuti. Prelevato il parroco con rivoltella in mano, certo Gesiot di Arten
imponendomi di andare con lui, strapparono il quadro di Don Struzzo, e insultato come un cane, partimmo per Arsiè, al Caffè al Ponte, campo di concentramento, sulla porta due fascisti con fucili puntati fanno da sentinella, al mattino ci trasferirono a Fonzaso. “Qua che ti mangio il cuore”, (insulti del geometra Massimiliano Turrin da Pedavena, un tempo socialista), con gioia feroce, i fascisti uscivano dalla caserma visitando vari Caffè di Fonzaso cantando oscenamente. Saltato il pranzo perchè in stato di arresto e la forza pubblica non è obbligata a dar da mangiare, alle ore 12 arriva un tenente da Feltre e dopo un colloquio di 10 minuti, sono rimesso in libertà. Pranzo in canonica a Fonzaso e poi partenza per Rocca con Antonio Zancanaro Pezze, quindi rifornimento di denaro e partenza per Padova, il giorno dopo colloquio con il Vescovo. Ritornato a Rocca sabato sera, perquisizione, da parte del commissario di P.S. e dal sergente CC.,della canonica, due guardie investigatrici fasciste di Feltre, sequestrano  di tutto, giornali, riviste, bollettini diocesani, tessere del Partito Popolare. Speravano di aver ammazzato il parroco di Rocca nella stima e nella sua autorità, ma invece egli è più vivo che mai e vive glorioso nella stima, nell’affetto dei suoi Superiori e dei suoi parrocchiani, mentre coloro che compiono rappresaglie ingiuste saranno falsati ai posteri con il titolo che si meritarono i primi 10 imperatori romani persecutori dei cristiani. Il giorno dei Morti fu un giorno di vero lutto, le funzioni in chiesa al mattino, anziché cantato l’ufficio venne recitato, la messa celebrata senza canti, saltate numerose preghiere per i poveri defunti. Da notare che tutte le interrogazioni fatte al parroco durante la perquisizione in canonica furono gli stessi argomenti trattati tra il parroco e il maestro Arturo Zancanaro la sera del 31 ottobre.

1927 gennaio per opera del parroco fu dotato il paese di un piccolo fendineve, la spesa fu sostenuta interamente da Don Bernardino e lo fece per procurare l’apertura delle strade così di dar modo al popolo di portarsi in chiesa con più comodità, così come pure al paese di Arsiè.

 28 febbraio: iniziano i lavori del nuovo campanile- monumento di guerra, massimo entusiasmo sia per la cavatura sia per il trasporto dei sassi a mezzo mussettoni fino alla chiesa.

 21 aprile: inizio lavori di muratura, delirio entusiastico nel popolo nel vederlo crescere ogni giorno. Gennaro Turra animatore di ogni opera buona, si mise alle spalle del parroco, e con l’opera è con l’ esempio, fu l’esca per tenere vivo il popolo.

 Settembre: dopo tante lotte da parte della famiglia Turra a mezzo campanaro e del critico Egidio Turra, si inizia lo scavo delle fondazioni del campanile, fatta gratuitamente dal popolo lavorando di notte (per squadre di contrada).

 6 novembre festa della Vittoria viene inaugurato a Rocca il ponte di Cecè, col nome di “Ponte della Vittoria”, grande folla, vari discorsi e tanti applausi. La benedizione venne impartita da monsignor Ruffatti delegato dal vescovo di Padova, impedito di presenziare di persona

 1930  Visita pastorale del Vescovo Elia Dalla Costa a Rocca di Arsiè

Data visita 8 novembre.

La parrocchia di Rocca ha un’estensione vastissima e impervia tanto da essere considerata la prima della diocesi di Padova tra le più faticose per cura d’anime.

Numerose le contrade: campagna, Carer, Giuliat, Chiesa, Cabalau, Rocca in piano, al di là del’Cismon: Berti, Toesh, Toescat, Boldi, Richi, Puel, Forseletta, Coi dei Sanchi. Geremia, Fumegai, Tenina, Corlo Basso. Vigli, Zanetti, Brandalise, Novegno, Val Nevera..

Nel 1698 contava circa 938 abitanti, nel 1816 il numero era 1324, oggi compresa la contrada di insinuo circa 2700.

Famiglie con Incino 350, la media annuale dei dati è di 50, i matrimoni sono 10, i morti 20.

La maggioranza dei fedeli osserva il riposo festivo fatta eccezione per il tempo di estate durante la raccolta dei foraggi e nella coltivazione del baco da seta, con questa differenza: che prima della guerra se la necessità costringeva, si andava dal parroco a chiedere il permesso, oggi coloro che lo chiedono sono rari come le mosche bianche; nonostante i continui richiami del parroco metà della gioventù viene distratta dalle funzioni dalle osterie e dal gioco delle palle, nonostante che avessi pregato più volte i padroni delle osterie che la tenessero chiuse almeno durante la messa parrocchiale e le sacre funzioni.

Vi è qualche romanzo di Carolina Invernizzi.

I vizi dominanti: bestemmie, d’estate la scarsa santificazione della festa, la maldicenza, l’ipocrisia e la mania delle lettere anonime.

Concubinati ce n’è uno solo ma ho il carteggio tutto pronto per sistemare ogni cosa d’accordo con loro. In 10 anni ebbi soltanto tre illegittimi.

Vi sono moltissimi emigranti tanto all’interno quanto all’estero, si può calcolare il numero in circa 700 dei quali più di 300 all’estero. Le ragazze emigrati all’estero sono una decina delle quali quattro sono in Francia o in Belgio, le rimanenti in Svizzera a lavorare in fabbrica. Le emigrate all’interno a scopo di servizio sono una sua quindicina e per salvaguardarle mi tengo in relazione con loro e con la padrona di casa.

Vocazioni ecclesiastiche: i genitori più facilmente si convincono che la figlia ha diritto di essere lasciata libera e danno quanto spetta di dote perché si faccia suora. Mentre se un ragazzo manifestasse vocazione ecclesiastica adducono 1000 ragioni per non sacrificare qualche denaro anche avendone la possibilità per farli proseguire gli studi. Si aggiunga che la cattiveria di tanti che criticano perché magari qualche genitore si sacrifica per questo scopo si aggiunge anche la insufficiente istruzione che ricevono nelle scuole elementari che anche i più fedeli arrivano alla quarta e ultima, per il paese, classe elementare. Per leggere devono ancora far scorrere sotto le righe il dito della mano e sillabando non ancora correttamente.

Comunione quotidiane tra le 50 e le 60 quelle annuali superano le 30.000, i parrocchiani che non fanno Pasqua sono una trentina.

Fabbriceri

1 Dott. Ernesto Zancanaro presidente.

2 Rech Angelo di Angelo

3 Bassani Mario fu Antonio.

Le decime si esigono regolarmente ma molti brontolano, danno mal volentieri e se danno, quello che vogliono e non quello che devono, nonostante che siano benestanti perché questi fanno blaterando che il parroco è pagato dal governo e questo li devono bastare

Vi fu in passato molto liberalismo che oggi si manifesta sotto forma di fascismo.

In occasione della visita pastorale si ebbero più di 1000 comunioni.

Osservazioni su Incino: il paese partecipa alle condizioni di Rocca sembra però che questa frazione sia più religiosa a giudicare dalla frequenza molto consolante agli santi sacramenti. Vi è anche qualche emigrazione tra ragazze che il curato cercherà per quanto possibile di impedire e procurerà anche di ridurre al minimo quella degli uomini e giovani. La chiesetta di Incino merita di essere rimessa in ordine con una buona tinteggiatura e semplificandone l’anonimato secondo le regole della liturgia

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 1933 in occasione del 20° centenario della morte di Cristo, fu costruita una serie di croci in cemento in tutta Italia, che si diceva, dovevano vedersi l’una l’altra fino a Roma. Una è visibile appena a sud d’ Incino; un ‘altra sul Col della Rocca, sopra il cimitero.

 1934 quest’anno ebbi la consolazione che dei fratelli Zancanaro fu Giovanni Meneghet, uno ha indossato la veste talare, l’altro fratello è in seminario Thiene, e un altro si è iscritto alla scuola Interparrocchiale di Arsiè. Avrei uno che sarebbe in seconda teologia, ma la poca testa della madre gli fece perdere la vocazione. Tacciamo il nome per virtù di carità.l

 1935 Don Bernardino Rossi si portò a Padova per un’operazione alla gola. Dopo tale operazione andò a passare la convalescenza a Gallio suo paese natale, facendo solo alcune sporadiche apparizioni a Rocca, dichiarando sempre che il titolare era ancora lui, come di fatto lo era. Nel frattempo fu sostituito da Don Igino Cebrele, che resse la parrocchia dal Natale 1934 a tutto ottobre 1935. Tra i due sacerdoti non vi furono rapporti amichevoli come sarebbe stato auspicabile, per cui il paese si divise in due partiti: i partigiani di Don Cebrele molto numerosi e quelli di Don Rossi in numero molto limitato. Per questi screzi la parrocchia subì  gravissimi danni, i superiori tardarono a capire la situazione ma poi decisero di allontanare tutti e due i sacerdoti. Don Cebrele non solo lasciò Rocca ma dovette lasciare anche la diocesi di Padova, fu trasferito a Rieti come cappellano in un convitto per operai. Ma il trasferimento di Don Bernardino Rossi fu molto complicato, il sacerdote era disposto a rinunciare alla guida della parrocchia, ma voleva un compenso dalla Curia, sostenendo di avanzare dalla parrocchia di Rocca più di L. 35.000 di denaro da lui messo di tasca propria per i lavori della Chiesa e campanile. La curia sentì tutte le voci, poi dopo estenuanti trattative ci si accordò così: Don Bernardino rinunciò a L. 15.000 che rimasero alla parrocchia, ma questi gli dovette corrispondere per 10 anni (1936-1946) L. 2000 annue.

 24 ottobre fa il suo ingresso il nuovo parroco Gioacchino Formentin che l’ascia la curazia di S. Marino-Rivalta dove aveva lavorato tre anni. Il nuovo parroco afferma di trovare la parrocchia in totale disgregamento, oltre alle L. 20.000 da versare a don Rossi, trovo altre L. 5000 di fatture da pagare.

 1 dicembre: ci fu a Rocca la visita pastorale che ebbe un risultato veramente disastroso, il parroco preparò 120 bambini alla santa cresima

 18 dicembre: tutte le donne di Rocca, spose, vedove, madri, convennero in chiesa, anche dalle contrade più remote, malgrado fossero caduti oltre 40 cm di neve. In una solenne cerimonia, presenti tutte le autorità di Arsiè, donarono le loro fedi nuziali alla Patria, in cambio ricevettero una vera d’acciaio che fu consegnato a tutte le donne maritate di Rocca. Questi anelli furono benedetti dal parroco che pronunciò un patriottico discorso definendo il gesto “vero esempio di patriottismo esacrificio“. Le fedi d’oro donate dalle donne di Rocca furono 130.

 1936 nel mese di maggio il parroco trasportò le funzioni in onore della Madonna dal mattino alla sera, perché alla sera le figliole rincasavano a tarda ora in compagnia di giovani poco raccomandabili. Il parroco puoi lamenta scarsa partecipazione a feste come il Corpus Domini, San Luigi, San Pietro, Sant’Antonio, Sacro Cuore, feste non sentite da questa popolazione, troppo attaccata al lavoro, all’interesse, all’indifferenza.

 quest’anno quattro ragazze di Rocca presero il velo e divennero suore della Divina Misericordia a Verona, furono poi trasferite a Città Di Castello. Dal 1921 al 1936 furono ben 18 le suore originarie di Rocca

 il 14 settembre ci fu a Rocca la visita del ministro Cesare Maria de Vecchi conte di Val Cismon, venuto su invito del parroco per visitare l’edicola per un restauro. Il ministro però decise che il capitello doveva rimanere tale e quale senza restauro, disponendo soltanto che nella nicchia venisse collocato un crocifisso. L’edicola servì da trincea il 3 novembre 1818, si vedevano i segni dei proiettili nemici, scolpiti nella muratura che dovevano rimanere visibili in perpetuo.

 Arriva il nuovo cappellano: Don Gaetano Simonetto, sacerdote novello, grandissima contentezza del parroco che aveva richiesto con insistenza l’aiuto. Un solo prete a Rocca poteva fare molto poco, erano quattro anni che Rocca era senza cappellano.

 1937 in quell’anno, a Rocca, non furono benedette sei case, perché si tennero dei balli, un’altra casa non fu benedetta al Corlo perché abitata da una copia di concubini.

 24 gennaio, ebbe luogo la suggestiva cerimonia di commemorazione della Camicia Nera Zancanaro Natale di Incino. Il suo nome fu iscritto nella lapide dei caduti che per l’occasione fu rinfrescata, riadattata e abbellita da un bel lampadario a luce elettrica. Il tutto per iniziativa di Rech Gennaro. Alla cerimonia presero parte i podestà di Feltre e Arsiè, l’aiutante della legione “Camice Nere”. Tutto il paese di Rocca prese parte alla cerimonia.

 21 aprile.Anche quest’anno due famiglie: Turra Domenica e Zanolla Angela dei Tosch, donarono alla chiesa per la festa di Sant’Antonio, un maialino, che benedetto dal parroco, cominciò a girare per il paese in cerca di cibo.

 Sempre in aprile furono abilitati all’insegnamento della Dottrina Cristiana 20 giovani: 10 residenti in centro, 10 nelle contrade, quattro abilitati al Corlo superiore, sei al Corlo inferiore.

 Riuscitissimo ad Incino, per entusiasmo della popolazione, il loro decennale. Accorsero in gran numero di abitanti di Cismon con l’arciprete e cappellano, centinaia di fedeli di Rocca col parroco e associazioni cattoliche con bandiera. Funzionò Don Siro nativo di Incino, prestò servizio la banda di Arsiè.

 Inizia a funzionare la scuola elementare de Corlo. Il Provveditore agli Studi di Belluno nominò maestro il cappellano di Rocca. Fu poi sostituito dal curato di Incino con uno stipendio annuo di lire 2500.

 6 dicembre Don Gaetano Simonetto cappellano di Rocca fu trasferito a Pianiga, lavorò molto efficacemente soprattutto al Corlo e Zanetti, lo sostituì lo stesso giorno, Don Gino Ferronato. 24 anni di Fellette di Romano.

 Dicembre, onde provvedere alla messa specie ai figliuoli del Corlo, Zanetti, Carazzagno, che d’inverno per impraticabilità delle strade non si vedevano mai nella chiesa parrocchiale, si dotò queste contrade di due oratori, uno al Corlo e uno al Puel. Quello del Corlo fu benedetto dal parroco il 9 dicembre e posto sotto la protezione di San Giovanni Bosco patrono dei carbonai. Quello ai Puel fu benedetto il 14 dicembre è posto sotto la protezione di Sant’Antonio abate. Si cominciò a celebrare messa una volta alla settimana in entrambi i oratori. Servivano da oratori al Corlo la casa di Smaniotto Candido, ai Puel quella di Bassani Luigi all’ora di morante a Tripoli. Il compaesano Don Giacomo Zancanaro donò agli oratori due pianete una rossa e una bianca. Il giovane Smaniotto Galliano nato al Corlo e domiciliato a Busto Arsizio, mentre compiva il suo dovere di italiano e cattolico nella guerra di Spagna “in difesa della civiltà cattolica” fece dono all’oratorio del Corlo di un calice.

 19 dicembre, il parroco provvede a sue spese (L. 600) di dotare la parrocchia di una nuova biblioteca, onde impedire la lettura di empi romanzi, fu inaugurata con 200 libri.

 1938 3 marzo ci fu ad Arsiè la visita del segretario federale di Belluno. Vi accorsero tutti anche da Rocca. Si calcolarono più di 3000 persone intervenute all’adunata. Il federale elogiò tutti, in modo particolare il magnifico clero del Comune di Arsiè che disse: sacerdoti che con la loro presenza all’adunata hanno riaffermato ancora una volta la realtà del binomio Dio-Patria e Patria e Religione.

 Si comincia a parlare di campanile nuovo, si radunò un comitato di 30 uomini (uno per ogni contrada), per iniziare il lavoro preparatorio. Il parroco spronò il Rocchesani così: i nostri padri ci hanno lasciato la più bella e grande chiesa di tutto il Feltrino, e voi lascerete ai vostri figli e più tardi ai nipoti il più artistico egrandioso campanile. La proposta fu approvata all’unanimità, si cercarono fondi e si iniziò con un giro per le case, che fruttò L. 20.000, altre L. 10.000 giunsero dai carbonai del Corlo, il parroco scrisse subito a tutti gli emigranti una circolare, aggiungendo che tutti quelli che offrivano almeno L. 1000, avrebbero il loro nome scritto su una lapide posta alla base del campanile. Per risparmiare denaro per il trasporto dalla cava alla chiesa si scrissero due lettere al Vicario Generale della Diocesi di Padova, per chiedere il permesso di effettuare il trasporto anche nei giorni festivi, sospendendo il lavoro dalle 9 alle 16, per permettere ai lavoratori di partecipare alle funzioni domenicali.

 Entra in scena il signor Turra Gennaro originario di Rocca, ma domiciliato a Paderno Bellunese, fece 14 volte la traversata atlantica per le Americhe trovando grande fortuna. Costui attaccatissimo al suo paese nativo, venendo a Rocca per passarvi un mese di villeggiatura in una sua casera, avuto notizia della ripresa dei lavori del nuovo campanile offrì al comitato la grossa somma di lire 5000, impegnandosi poi di versare ulteriori lire 1000 per ogni 6 m di campanile completato. Ottenendo così il plauso generale, ma poi quando il parroco lasciò Rocca per tre giorni il Gennaro cominciò a fare al dì e bassi, come gli garbava lasciando da parte il comitato. Questo Gennaro Turra (Il mio successore se ne guardi bene, perché avrà a fare con un delinquente) durante l’assenza organizzò che un camion venisse alla domenica a lavorare 10 ore di seguito al trasporto dei sassi dalle lastre di Incino fino alla chiesa. Ritornato a Rocca il parroco esprime le sue rimostranze perché così molta gente perdeva messa. Ottenuto in seguito il permesso vescovile si stabilì di lavorare sino alle 10 del mattino e riprendere il lavoro alle 16 dopo la celebrazione del vespro. Ma il 7 agosto il Gennaro Turra dà ordine a 30-40 operai di lavorare tutta la festa, il parroco sospende immediatamente i lavori, viene formato un comitato formato da Rech Gennaro (un’altra carogna), Turra Giorgio (poco di buono come tutti i Turra), Grando Angelo dei Berti, Scariot Aurelio (che da cinquant’anni perde Pasqua) Turra Floriano delle Ciare (cinquant’anni senza Pasqua). I Rocchesani si dividono tra chi vuole seguire il parroco di chi sostiene Turra Gennaro, dopo infinite discussioni e con grande fatica, il parroco riesce a prevalere e Gennaro Turra ormai non più in auge, umiliato e scornato, fece ritorno al suo paese, e alla Rocca,si tornò a respirare pace, armonia e fiducia illimitata verso il parroco.

 Sempre in quest’anno i fratelli Strappazzon (Antonio, Emilio, Attilio, Emilia, Antonia) emigrati in Argentina, venuti a sapere della costruzione del nuovo campanile, donarono alla chiesa tutti i loro beni, boschi e prati, situati in Tenina, venduti fruttarono L. 5000 il tutto per merito del parroco

 1939 gennaio fu caratterizzato da un forte freddo e da una epidemia di morbillo, tra i figlioli, in 15 giorni morirono 6 bambini.

 25 settembre, il Duce Benito Mussolini, reduce da Belluno e Feltre, alle 8.15 del mattino fa tappa ad Arsiè, atteso da tutto il popolo e dei parroci del Comune. Nell’occasione il Duce lasciò alla casa di riposo di Arsiè la somma di lire 25.000.

 alla vigilia di Natale caddero 70 cm di neve che tennero molti fedeli da venire in chiesa, dal dopoguerra non vi fu mai vista tanta neve così.

 1939 il 14 marzo il parroco Don Gioacchino Formenton riceve l’annuncio di portarsi quale economo nella Chiesa arcipretale di Meglianino San fidenzio (Pd) resta come cappellano Don Igino Ferronato. Il 5 maggio arriva Don Alfredo dal Santo proveniente da Gallio. Diverrà parroco titolare di Rocca il 18 ottobre. L’ingresso o meglio l’investitura canonica, date le circostanze burrascose, viene fatta in forma privata dal vicario foraneo di Fonzaso Giovanni Cavalli, presenti i parroci di Arsiè Mellame, Rivai.

Le feste decennali non ebbero luogo causa scoppio della seconda guerra mondiale, la chiamata alle armi di gran parte degli uomini provocò la cancellazione di ogni manifestazione esteriore, compresa la processione.

Il 15 novembre Don Igino viene nominato cooperatore di Fontanelle (Vi), lo sostituisse a Rocca come cappellano, Don Antonio Pegoraro di Asiago.

1940 gennaio, parroco e comitato esecutivo dei lavori del campanile-monumento sono costretti dalla necessità di togliere le campane dal barcollamento “barch” o di cessare il suono. Decidono di convocare tutti i capifamiglia per sentire il loro parere. Nel mese di marzo venne decisa la prosecuzione dei lavori, terminando la cella campanaria compreso il cornicione. Il 18 agosto per l’ultima volta le campane suonano sul vecchio barcollante barch per poi essere collocate, sul nuovo campanile. Il 29 ottobre arriva a Rocca il vescovo di Padova Monsignor Agostini, lo attendono, il clero, il podestà, il colonnello Piccoli comandante del primo battaglione, il capitano medico dottor Protti, il dottor Riva, il dottor Sisto Zancanaro e il cavalier Turra. Sul sagrato della chiesa una compagnia del 71º fanteria al comando del capitano Cavicchi rende gli onori militari all’illustre prelato. Il Vescovo dopo aver cresimato 100 fanciulli, benedice il campanile, tutti assistono in silenzio al suono del “Piave” magistralmente eseguito dalla banda reggimentale. Viene scoperta la lapide con la dedica ROCCA AI SUOI CADUTI. Le mitraglie danno un triplice “salve”.Breve storia del campanile: l’idea venne lanciata nel 1927 dall’allora parroco Don Bernardino Rossi il quale portò al compimento della base. Il suo successore Don Gioacchino lo portò fino alla cella campanaria, cornicione compreso. Don Alfredo compì il quadrante della merlatura. Spesa complessiva L. 75.756,76. Tutti i sassi necessari arrivarono dalla cava delle Laste di Incino, per il trasporto di questi sassi si presentarono anche i conducenti del 71º reggimento fanteria con alcuni muli, uno di questi detto “Gheto” mulo forte e ribelle al lavoro fu sottoposto al trasporto dei sassi, ma non essendo abituato alle nostre carrette, quando partì sentendo il rumore del carro si diede alla corsa sfrenata intorno alla chiesa, travolgendo sotto il conducente che riportò diverse fratture. Poi scappò di corsa verso i Giuliat, tanto da perdere per strada due ruote del carro finché fiaccato si fermò. Una volta l’operaio Arboit Antonio scivolò dall’ armatura e cadde nel vuoto, buon per lui che fu preso in aria da Grando Beniamino senza riportare alcun inconveniente.

1943  Seconda visita pastorale del vescovo Carlo Agostini a Rocca di Arsiè.

Data: 9 novembre, nell’occasione furono somministrate 96 cresime.

La parrocchia fu costituita il 27 ottobre 1974 dal Beato Gregorio Barbarico.

Il numero di abitanti di Rocca è di 1300 persone e le famiglie sono 250, ammessi alla comunione 1050, cresimati: 1020; i nati nel 1940 furono 21, nel 1941 furono 29. Matrimoni: nel 1940:11; nel 1941:4.

Morti nel 1940:16; nel 1941:15 + 1 intera famiglia, padre madre e due figli trucidata a Mameli (Cirenaica) per mano araba il 22 dicembre 1941.

Gli illegittimi ve ne fu uno nel 1940, sempre un concubinato pubblico e uno incerto tutti e due da rimpatriati dalla Francia. La popolazione vive dei frutti della ghiaia di questi paraggi perché il terreno rende ben poco. Altri emigrano in Germania un po’ spinti dal bisogno e anche dalla sete di guadagno con grande perdita dello spirito cristiano. Il lavoro in questi paraggi è gravoso specie in alcune epoche dell’anno e ciò fa sì che in questo tempo la chiesa nei giorni feriali sia deserta.

Il popolo è parco e ordinario: si accontentano del vivere, non del ben vivere. In tempi ordinari si indulgeva nel vino, ora la guerra ha messo un freno.

L’istruzione non è grande, da qualche anno si è eretto la quinta classe elementare, in paese gli analfabeti sono pochi.

Vi sono però anche quelli che hanno girato il mondo, Francia, Germania, America, Australia, e la sanno lunga, alcuni hanno portato a casa per la sete dell’oro, la malattia che li ha portati alla tomba, altri sono cadaveri ambulanti in quanto all’anima, perché se non hanno perduto del tutto la fede, l’hanno però indebolita che c’è da dubitare che si possano salvare.

Clero

Dal Santo don Afredo nato a Caltrano il 4 dicembre 1901 sacerdote dal 1927 prima era cappellano in Enego per circa tre anni. Parroco di Rocca di Arsiè dal 18 ottobre 1939.

In parrocchia non vi sono intellettuali, professori, operaie. Vi sono alcuni con idee socialiste e liberali per attirarli se li circonda di bontà e alcuni si sono piegati e si sono riconciliati con Dio.

Siccome il paese è molto sparso qua e là si fa qualche ballo specie nelle contrade lontane e nei giorni invernali quando tutti in famiglia non hanno granché da fare, si predica, si minaccia, si fa a meno di benedire le case, ma inutilmente.

Ogni volta che ci si dà l’occasione si combatte prudentemente il vizio contro la limitazione della prole.

Negli ultimi due anni quattro persone sono morte senza sacramenti: due perché hanno trovato la morte di nottetempo in un burrone che furono trovati al mattino seguente immersi nell’acqua del Cismon. Una perché colpita da paralisi però quel che si poté amministrare se amministrato.

I fanciulli vengono ammessi alla prima comunione nell’età di sei-sette anni nel giorno della Santissima trinità, si preparano in modo che sappiano tutta la dottrinetta di prima.

Una forte divisione si è formata tra gli abitanti di Rocca per la questione dell’ubicazione della nuova chiesa, quelli della contrada Rocca la volevano sui colli di Rocca, ed era la soluzione migliore; quelli del centro lavorano sul posto di quella vecchia e vinsero quest’ultimi, ma si sobbarcavavano anche gran parte della spesa.

L’oratorio di San Cassiano è antico (sulla facciata ci sta la data 1639) i santi sono Ippolito, Cassiano e Valentino. Il piccolo campanile fu eretto nel 1895: per sole nizzare il giubileo episcopale di Sua Santità Leone XIII l’opera venne eseguita con vertiginosa celerità e dotata di tre campanelle dal peso complessivo di circa 200 kg. Del tetto i fanciulli della scuola con le loro birichinate ne fanno proprio un… San Cassiano, per cui ha bisogno quasi ogni anno di essere ripassato.

Osservazioni del vescovo

La parrocchia di Rocca ci ha lasciato nella nostra visita una impressione poco felice, cioè di una vita stentata e scarsa nell’organizzazione e nello spirito. Alla comunione generale del mattino gli uomini non furono molti e alle funzioni vespertine la parte maschile, tranne un gruppo di anziani, pare mancava.

La scuola di dottrina cristiana è disorganizzata, mancano i catechisti diplomati, il profitto è il risultato scarso, incontrammo fanciulli di 9-10 anni non ancora ammessi alla prima comunione.

Nelle funzioni liturgiche della sera vedemmo un solo chierichetto.

Noi ci rendiamo conto delle difficoltà speciali che la parrocchia di Rocca presenta e che il parroco senza cooperatore non riesce a fare quanto si fa in due sacerdoti uniti e d’accordo. Sappiamo che certe contrade sono lontanissime e disagiate, che certe famiglie vanno per mesi nei boschi a lavorare, quindi senza partecipare alla vita parrocchiale. Che la gente ha un carattere scontroso, tuttavia il funzionamento della parrocchia deve essere migliore. Se ci sono contrade lontane ve ne sono di vicine, se vi sono anime restie ce ne saranno certamente anche di buone e disposte all’apostolato. Se nel Pastore è buona la prudenza non bisogna però adattarsi alle deficienze per timore di suscitare questioni. Quindi è necessario riprendere il lavoro pastorale con grande coraggio, spirito di sacrificio e confidenza in Dio, ci vuole riorganizzazione, ordine, orari precisi, adunanze, registri e verbali. In chiesa necessita di disciplinato silenzio, educazione alla pietà, chierichetti devoti e istruiti, canto sacro. Dottrina cristiana ogni anno: bisogna tenere due sessioni di esami non per le promozioni, una dopo un breve intervallo per le riparazioni dei non promossi, in modo da portarli avanti e non tenermi come li abbiamo trovati nuovi ammassati in seconda classe.

1943 15 ottobre si tiene a Rocca d’Arsiè un primo incontro per organizzare il movimento partigiano allora agli albori, quella sera, presso la Cooperativa si riunirono il Tenente Colonello degli Alpini Angelo Zancanaro originario di Incino, il sottotenente Sisto Strappazzon, Arnelio Faoro e don Antonio Pegoraro che negli anni 1943 e 1944 svolgeva le funzioni di  cappellano a Rocca. A questa riunione parteciparono alcuni membri dello stabilimento Lancia di Cismon del Grappa che in contemporanea avevano inaugurato analoga attività in Val Brenta. Il gruppo di Rocca era nato come organizzazione cattolica, ma la morte del colonello Zancanaro il 19 giugno a Feltre a seguito di una rappresaglia nazifascista, lasciò campo libero alle unità partigiane di ispirazione comunista che si affrettarono ad assorbire al proprio interno il gruppo di Rocca, decisivo a tale proposito si rivelò il contributo del commissario politico bolognese Ludovico Rizzoli, da quel momento il gruppo di Rocca passò sotto il comando della Brigata Gramsci assumendo il nome di “Battaglione Monte Grappa”.
11 novembre fu paracadutata a Rocca una radiotrasmittente, questa fu installata presso l’abitazione di Arnelio Faoro e di sua sorella Meri, ma a seguito di una delazione, il paese di Rocca dovette subire il 2 dicembre un accurato rastrellamento mirato a catturare gli operatori radio che tenevano i contatti con la pianura, a dirigere le operazioni fu il guardiamarina Alfredo Caruso marito di una cugina del Faoro. Furono perquisite con la massima scrupolosità le contrade di Cabalan e Bassani, la radio non fu trovata perchè avuto sentore di movimento truppe intorno ad Arsiè, un paio di ore prima fu trasportata ad Incino.
nella seconda metà del mese sorse il problema di armare adeguatamente il gruppo e tre partigiani insediati a Rocca si recarono sul Grappa alla casera del Vermiglio sul Col de Fagheron, sede di un deposito di armi, erano Walter Salbego dipendente della Lancia di Cismon e delegato del CLN milanese, Arnelio Faoro comandante del gruppo Rocca e Sisto Strappazzon ex sottotenente degli alpini e futuro sindaco di Arsiè. La loro richiesta di armi per dare inizio alla lotta fu accolta dopo molte trattative e i tre tornarono a Rocca  con una mitragliatrice SIA, tre moschetti,uno zaino di bombe a mano,e 50 chilogrammi di munizioni, il tutto fu poi occultato in una grotta sicura sul monte  Novegno.

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1944 viene a stabilirsi a Rocca la Todt, con grande circospezione, guidati da repubblichini travestiti da tedeschi, per tre notti si presentano alla porta della canonica e fanno capire di voler occupare l’intero caseggiato, l’intero primo piano viene adibito a un’officina per riparare le macchine danneggiate dai bombardamenti o logorati dallo sforzo, alcune sono sgangherate preda bellica, la sacrestia diventa un deposito di benzina. Si iniziò a costruire postazioni sul Col del Gallo, Novegno, nell’intento di fare di questa vallata un caposaldo di resistenza. Rimasero a Rocca tre mesi, dal 9 settembre al 7 dicembre, il coprifuoco scattava dalle 21 alle 6, una linea di fronte era stata stabilita dalla riva destra del Cismon da Rocca sino ad Arten a nessuno era permesso oltrepassarlo. Tutti gli uomini dai 15 ai 65 anni che si trovavano nel territorio comunale dovevano concentrarsi ad Arsiè, era inoltre assolutamente vietato a tutti i cittadini del Comune di abbandonare il luogo di residenza. Il giorno dopo ci concentrarono all’osteria Corona in contrada a Rocca, qui trovai anche il curato di Incino che aveva passato la notte dormendo su una sedia. Poi ci trasferirono ad Arsiè, ospiti dell’arciprete, ma sotto la sua responsabilità. Ci dettero la libertà solo dopo il termine del rastrellamento del Grappa.

1945 gravi danni morali furono causati in parrocchia di Rocca da una propaganda di comunismo, infiltratasi tra i partigiani tra i quali ne n’erano molti dell’Italia media. Nelle loro istruzioni si faceva più che altro scuola di comunismo. Alcune teste di ragazze furono rasate perché simpatizzanti dei tedeschi. Il 28 aprile alcune pattuglie tedesche giunsero in ritirata a Rocca alcuni di loro,12, pernottarono agli Giuliat, altri si stabilirono nella contrà Cabalau. Il 1 maggio gli americani giunsero a Rocca e fecero salire in alto colonne di fumo colorato, per indicare agli aerei che le loro truppe erano giunti a quel punto. Per ringraziamento della fine della guerra, venne stabilito che ogni anno al 1 maggio in ricordo della liberazione, si farà l’ufficiatura la solenne per i Caduti, e si canterà la messa di San Filippo e Giacomo.

Il 22 luglio viene celebrata a Rocca la prima messa novella di padre Augusto Zancanaro. Alle 10 si andò ai Giuliat a incontrarlo e in processione si venne alla Chiesa ove cantò la Messa solenne.

1947 il 4 luglio viene celebrata sempre a Rocca la prima messa di Don Martino Bassani.

1951  estratto della relazione storica riguardante il bacino idroelettrico di Rocca (dalla cronistoria della parrocchia)

fino dal 1907 era in progetto di esecuzione immediata la costruzione di un invaso, furono acquistati numerosi terreni da parte della società Adriatica. Tutto fu poi sospeso per la guerra del 1911 e poi nel 1915- 1918. Subentrò poi la società S.M.I.R.R.E.L. che fece a più riprese sondaggi in vari punti del torrente Cismon e ultimamente (nel 1948) presso il ponte di Pria che conduceva al Corlo. Nel 1949 visto che la S.M.I.R.R.E.L procedeva con lentezza e vi era una grande disoccupazione, i deputati del luogo si interessarono e sollecitarono il lavoro, ma invano. Allora entrarono altre società con progetti più vasti come la Saici, le due società allora andarono a gara a chi faceva il progetto più grande, di maggiore portata e maggior rendimento. La SMIRREL per non perdere la concessione si diede subito all’opera e incominciò i lavori. Intanto anche la SAICI aveva ottenuto la concessione dal governo di cominciare i lavori di sondaggio. Si videro allora le due società una al lavoro della diga l’altra nel lavoro di sondaggio questo durò un anno intero. La vertenza andava per le lunghe, tanto che le due società per finire ogni contrasto decisero di formare una nuova società così sorse una terza S.I.I.A. Si fecero diversi rilievi, di diverse quote, la prima fu a metri 270, questa quota arrivava a pari canto con la Chiesa e si dovette correre ai ripari. Allora prontamente mandati al ministero dei Lavori Pubblici la fotografia dell’interno e dell’esterno della chiesa e del camposanto. Feci rilevare come per pochi metri si metteva in pericolo la Chiesa e andavano sommerse due contrade poste a Nord e quel poco di terreno che avrebbe dato un po’ di vita al paese. Non ebbi risposta. Più tardi si pubblicò il progetto della diga, in mezzo Comune si fece una sottoscrizione per l’opposizione all’invaso a quota 270 chiedendo fosse ridotto a 263. La chiesa sarebbe stata minacciata nella sua stabilità perché le fondamenta si sarebbero trovate nell’acqua, in un terreno infido. I prezzi finora raggiunti dai terreni sembra essere di lire 217al mq, qualcosa di più per i terreni coltivati a tabacco.

Il 10 dicembre vengono resi noti i dati del censimento generale: questi gli abitanti di Rocca suddivisi per borgate: Campagna 91; Giuliat 197; Chiesa 31; Cabalau 18; Bassani 39; Rocca 64; Micelot 192; Bernardi 61; Carazzagno 129; Forcelletta 100; Zanetti 100; Corlo 60. Totale abitanti di Rocca 1087.

1953 si decide la costruzione di due ponti: della Valle di San Cassiano e delle Salezze, si danno inoltre inizio ai lavori per costruire il nuovo Villaggio con 17 nuove casette. Il 1 ottobre si annuncia alla popolazione che l’inizio dell’invaso partirà il 15 di questo mese. Nel frattempo si progetta la costruzione del nuovo ponte di Polo, gli abitanti di Carazzagno aprono una sottoscrizione per volere il nuovo ponte in cemento come l’attuale, e non, come prevede il progetto presentato, una passerella a corde metalliche come il ponte della Vittoria. Saranno accontentati.

1954 ottobre, il vicario foraneo di Fonzaso benedice il nuovo cimitero, il vecchio era attivo dal 1670 e fu ampliato per interessamento del parroco Moccelin all’inizio del 1900.

1955 Don Alfredo dal Santo lascia Rocca per essere stato trasferito a Lusiana. Arriva Don Francesco Vidale, il quale fa il suo ingresso solenne l’11 settembre. L’11 giugno il sacrestano Giuseppe Benvenuti dà le dimissioni, viene sostituito da Floriano Sartor.

1959  apre la Scuola materna di Rocca: ecco brevemente la sua storia:

25 dicembre: ingresso delle suore, erano quattro: suor Cecilia (superiora), suor Adriana, suor Giorgia, suor Maria Carmela.

3 gennaio: iniziano l’asilo e la scuola di lavoro.

7 settembre 1968: le suore lasciano definitivamente l’asilo e la nostra parrocchia per mancanza di bambini.

Gennaio 1970: due laboratori, un maglificio è un pantolificio, iniziano a funzionare nell’ex asilo dando lavoro a 25 persone.

31 marzo 1974: chiude il maglificio (il pantolificio aveva fatto fallimento qualche tempo prima)

9 settembre 1974: inizia la scuola materna statale.

28 agosto 1989: chiusura definitiva della scuola materna, con decreto del ministero, sempre per un numero troppo esiguo di bambini

1960 il 14 giugno Don Francesco Vitale viene trasferito, al suo posto viene nominato Don Antonio Solbego che fa il suo ingresso a Rocca il 18 dicembre.

1961 7 settembre, vennero asportate dalla chiesa di Rocca le carte gloria dall’altare della Madonna. Il furto avvenne verso le 13 sotto gli occhi dei fanciulli che giocavano nel piazzale della chiesa, fu opera di ignoti e non fu più possibile recuperarle, risalivano al 1830. (Vennero poi recuperate nel maggio 1962 a Verona)

1963 la campagna elettorale per le elezioni politiche fu quasi inesistente a Rocca. Parlò alle donne l’onorevole Fusaro, della D.C. mentre davanti all’osteria del centro, un oratore comunista se ne andò bestemmiando perché l’uditorio era stato scarso. Nello stesso anno grazie all’interessamento delle autorità comunali e dei capi famiglia di Rocca è stato possibile asfaltare 2 km di strada che da Rocca conduce ad Arsiè. Sempre nel 1963 si ha a Rocca l’istituzione del gruppo Alpini subito gli iscritti sono 40, primo capogruppo è nominato Floriano Sartor seguiranno: Ippolito Grando, Giuseppe Rech,Ivo Bassani,Antonio Bassani. Moto del gruppo:”sempre avanti”.

1965 Don Antonio Solbego, su sua richiesta, per motivi di salute, viene trasferito a Bovolenta, nello stesso giorno viene nominato Don Lino Minuzzo classe 1929.

 1966 Seconda visita pastorale del Vescovo Girolamo Bortignon.

 effettuata il 23 novembre

 parroco: Don Lino Minuzzo ordinato prete e il 4-luglio-1954, fatto il suo ingresso a Rocca il 24 ottobre 1966.

 Casa canonica attigua alla chiesa: la spesa di L. 11.213.000 fu totalmente coperta dalla curia vescovile.

 Asilo: esiste l’asilo dall’ottobre 1959 retto da tre suore Dimesse, la retta mensile è di L. 1500 a bimbo.

 Ammesso all’asilo c’è una scuola di lavoro per maglieria che raccoglie sei ragazze dai 15 ai 20 anni.

 La parrocchia conta 190 famiglie, con 625 abitanti. 32 famiglie hanno un solo componente, gli immigranti sono 165 (60 sono stagionali).

 in 10 anni a Rocca ha perso 559 unità. Negli ultimi 10 anni: matrimoni 48, nati 74, morti 121.

 C’è un bar frequentato solamente da persone estranee alla parrocchia, che ha fama di essere un ambiente equivoco. Si balla in due bar ma solo d’estate, non ci sono sale da ballo.

 Gli aderenti al materialismo sono pochi (55 voti comunisti compreso Incino), sono quasi tutti localizzati in una contrada lontana e disagiata.

 Gli apparecchi tv sono 5 negli esercizi pubblici, 10 in case private.

 C’è molta indifferenza religiosa, è molto diffuso uno spirito di critica, malcontento, incomprensione verso l’autorità ecclesiastica, incolpata di non aver realizzato in maniera confacente la sostituzione della vecchia Chiesa con quella nuova.

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 1967 il 3 luglio il curato di Incino Don Eugenio Alberelli viene trasferito a Camposanmartino e non viene sostituito. La curia di Padova invita parroco di Rocca e il parroco di Arsiè ad accordarsi per assicurare l’assistenza religiosa a Incino e Corlo, mediante l’opera congiunta del parroco di Rocca e del cooperatore di Arsiè. L’arciprete di Arsiè adducendo mille pretesti, non voleva che il suo cooperatore avesse qualche impegno sino a Incino. Dietro sua insistenza in questa data il parroco di Rocca viene nominato vicario economo di Incino, e dovette così assumersi da solo la responsabilità di quella curazia.

 5 novembre: inaugurazione del monumento ai caduti sul piazzale antistante la Chiesa.Nelle pareti esterne della Chiesa demolita erano appese due lapidi con i nomi dei caduti delle due guerre mondiali. Dette lapidi furono distrutte con la demolizione della Chiesa; perciò l’associazione combattenti ne chiese il risarcimento all’Enel, erede della società elettrica Valdarno. Con il contributo dell’Enel (lire 500.000), del Comune di Arsiè (L. 250.000) e con le offerte della Parrocchia, venne costruito il nuovo monumento per opera dell’impresa edile paesana di Madalozzo Giuseppe, su progetto del paesano Silvio Lancerini. L’opera venne a costare lire L. 1.290.000.

 Oggi 5 novembre ci fu una solenne cerimonia di inaugurazione con la partecipazione della popolazione tutta e di molte autorità. Erano presenti il prefetto di Belluno, dott. Petroccia, il sindaco di Arsiè Dott. Padovan, il generale comandante il Settimo battaglione alpini con altri ufficiali; la fanfara del Settimo alpini e un picchetto armato, il capitano dei carabinieri di Belluno, il maresciallo di Fonzaso, l’arciprete di Arsiè rappresentava il Vescovo.

 Alle 10.00 ci fu la Santa Messa celebrata dal parroco con omelia, poi, sul piazzale della Chiesa, il parroco benedice il monumento e, dopo il breve saluto del sindaco, l’onorevole Giacomo Corona, deputato democristiano di Belluno, tenne il discorso ufficiale.

 Nell’elenco dei caduti furono aggiunti i nomi dei morti della seconda guerra mondiale, della guerra di liberazione e dei dispersi. Tutta l’attività per la costruzione del monumento e per la festa di inaugurazione fu sostenuta da un comitato così composto:

 Turra Pietro (Cialt), presidente della sezione combattenti di Rocca; Grando Giovanni e Madalozzo Giuseppe, assessori comunali; Madalozzo Evangelista, rappresentante della prima guerra mondiale; Grando Ippolito, rappresentante della seconda guerra mondiale; Zancanaro Giovanni (Zan) per i partigiani; Turra Tilde (ora residente ad Arsiè) per le madri dei caduti; Brandalise Iolanda (ora ad Arsiè) per le vedove di guerra; Sartor Floriano, capogruppo della sezione alpini; ragionier Madalozzo Rina, segretaria. Quanto scritto dall’allora parroco Don Lino Minuzzo nel libro della cronistoria della parrocchia.

 1969 domenica pomeriggio 4 maggio, il Comune di Arsiè ha celebrato con grande partecipazione e solennità e di gemellaggio con Città di Castello, nella memoria della medaglia d’oro per la Resistenza Capitano Venanzio Gabriotti. I festeggiamenti hanno interessato particolarmente la nostra parrocchia perché il Gabriotti svolse una proficua e benefica attività a Rocca nell’immediato primo dopoguerra, dopo la liberazione dalla invasione austriaca in qualità di comandante delle truppe di stanza a Rocca contribuì alla ricostruzione materiale e morale del paese con grande sacrificio e carità, occupandosi particolarmente della situazione dei fanciulli e delle opere di assistenza. Il ricordo del suo operato rimase vivo a Rocca per molti anni. A Venanzio Gabriotti era intestato il piazzale dell’ex chiesa parrocchiale. Oggi la cerimonia religiosa si tenne nella chiesa di Arsiè con una messa celebrata da Albino Luciani vescovo di Vittorio Veneto. La commemorazione ufficiale si tenne a Rocca in località Villaggio (ora detto Villaggio Gabriotti), dove venne scoperta e benedetta dal parroco la lapide commemorativa, presenti l’onorevole Arnaldo Colleselli di Belluno, i sindaci di Arsiè e Città di Castello, i familiari del ricordato, l’onorevole Fusaro di Feltre, il presidente della provincia Fontana, varie autorità civili e militari.

 1970 di gennaio da quest’anno gli ambienti ex asilo infantile funzionano due laboratori: un maglificio della ditta Curtol di Feltre con 11 ragazze, e un pantolificio di Sartori Giovanni di Valstagna con 14 dipendenti.

 Marzo-aprile causa abbondanti nevicate la copertura del tetto della chiesa è precipitato, si è dovuto pensare a una copertura in lamiera zincata con relativi fermaneve, con un costo complessivo di L. 27.930.000, la popolazione, molto rattristata e indignata per la rovina del tetto di una chiesa ancora nuova, ha ripreso con vivacità la vecchia polemica contro la curia, però la maggioranza vedendo la necessità assoluta del lavoro, ha contribuito con qualche offerta.

 Ottobre: Per la prima volta i vicari foranei sono nominati con votazione da parte dei sacerdoti, il parroco di Rocca Don Lino fu nominato vicario foraneo di Fonzaso.

 1971 13 agosto, a conclusione di tutti i lavori oggi festa dei santi Ippolito e Cassiano il vescovo di Padova Monsignor Bortignon alle 17.00 ha consacrato il nuovo altare e la Chiesa che egli stesso aveva benedetto nel 1957, il concorso della popolazione fu unanime.

 In data 1 settembre viene comunicato che Don Lino è stato trasferito a Padova a reggere la parrocchia della Madonna Incoronata, contestualmente viene nominato parroco di Rocca Don Giuseppe Cherubin che sarà il suo ingresso ufficiale domenica 22 ottobre.

 1974 21 marzo, primo giorno di primavera le campane hanno incominciato a suonare spandendo il loro ritocchi festosi nella vallata. Le campane tacevano da 15 anni e più di qualche anziano ha pianto nel sentire il loro suono.

 9 settembre, oggi nei locali ex asilo ha cominciato a funzionare la scuola materna statale con 19 iscritti, i bambini che la frequentano tutti i giorni sono 16.

 1979 si celebra il decennale, il 12 agosto viene portata in solenne processione la statua della Madonna a presiedere viene il vicario generale della diocesi di Padova Monsignor Alfredo Magarotto, vi partecipano circa 3000 persone mai vista tanta gente così, è la testimonianza degli abitanti di Rocca alla loro festa. Subito dopo, era il 28 agosto viene comunicato il trasferimento di Don Giuseppe nella parrocchia di Vallonga, nello stesso giorno viene comunicato il nome del nuovo parroco si tratta di Don Olivo Sartori, proveniente da Curtarolo. Già nel mese di ottobre Don Olivo fa uscire un giornaletto “La voce di rocca” accolto con vivo interesse.

 1981 viene tenuto il censimento generale della popolazione, questi i dati di Rocca: 508 persone (430 adulti)così distribuite: Novegno 16; Campagna 51; Villaggio 63; Giuliat 24; Chiesa vecchia 44; Bassani 39; Rocca centro 65; Chiesa nuova 12; Bernardi 50; Micelot 79; Toesch 0; Toescat 3; Carazzagno- Boldi 32; Berti 4; Zanetti 10; diga 6; Corlo 10; Incino 48; Casere 7.

 1982 l’8 luglio viene inaugurato il benedetto il nuovo campo giochi nel piazzale antistante la chiesa, l’inaugurazione viene effettuata da Don Giovanni Zini sacerdote novello nato a Palazzolo S./O, invitato a celebrare a Rocca perché la madre era nativa di qui, il campo giochi era stato costruito a piovego, richiedendo quattro sabati di lavoro. Un nuovo censimento, questa volta interno, fu effettuato un anno dopo e si constatò che i nuclei familiari erano 184, mentre le persone residenti a Rocca erano già calati a 452.

 1983 il 3 dicembre cade l’ultimo diaframma della galleria destinata a unire la provincia di Belluno alla Val Sugana, per l’occasione venne celebrata dal vescovo di Belluno Monsignor Ducoli una messa di ringraziamento all’imboccatura della galleria.

 1987 con proprio decreto, il vescovo di Padova mons. Filippo Franceschi decreta lo scioglimento della curazia d’Incino con effetto 1gennaio .L’indipendenza della chiesa d’Incino dalla parrocchia di Rocca è durata 57 anni.

 

1989

 

le feste si sono svolte con grande partecipazione di popolo, con intensa fede, in un clima di gioiosa e fresca amicizia. Tutta la parrocchia è stata “in festa” per 10 giorni riscoprendo non solo la propria devozione alla Vergine ma anche la propria identità cristiana. Momento culminante delle feste è stata la solenne processione lungo un viale stupendo di verde, fiori e bandierine costruite da tante mani e con grande amore. Una folla straordinaria ha seguito la processione che è stata presieduta da monsignor Alfredo Magarotto vicario generale della diocesi di Padova. parroco Don Cesare

 

 

1990 in data 9 settembre Don Olivo lascia la parrocchia di Rocca e si trasferisce a Bovolenta, l’8 ottobre fa il suo ingresso a Rocca come parroco Don Angelo Vialetto. Questo il bilancio di 11 anni di vita comunitaria:

battesimi 37

 prime comunioni 50

 cresime 48

 matrimoni 24

 funerali 120

 Le cifre sono eloquenti.

 1992 il 2 aprile si ha la prima visita pastorale del nuovo vescovo di Padova Monsignor Antonio Mattiazzo.

2003 il 10 maggio una Ford Sierra che stava salendo da Cismon verso Incino nei pressi della Pala della Renga, dopo aver divelto alcuni paletti e tranciato due cavi d’acciaio messi a protezione, precipita nel torrente Cismon dopo un volo di 40 metri, perdono la vita due giovani di Rocca: Matteo Riosa ventiquattrenne e Andrea Brandalise venticinquenne, allora residente ad Incino. Non si ricorda prima di allora alcun incidente in quel luogo Anche quando la strada era priva di protezioni. La Strada Incino-Cismon è interdetta al traffico per 17 mesi, sarà riaperta, a fine ottobre 2004 dopo la messa in sicurezza del tratto di competenza del comune d’Arsiè.   L’Estate di quest’anno è la più torrida che si ricordi a memoria d’uomo.

 1994 4 settembre, le parrocchie di Arsiè, Rocca, Mellame, e Rivai, pur continuando a esistere giuridicamente furono sostituite da l’Unità Pastorale. L’indipendenza della parrocchia di Rocca dalla chiesa madre di Arsiè durò 320 anni.

 

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 La memoria delle pietre

 Aldo Serena istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea bibl. Arsiè

 il 1 maggio 1983 venne inaugurato su iniziativa dell’Anpi e dell’amministrazione comunale di Arsiè, una lapide consistente in un cippo posto all’inizio del paese Di Arsiè all’altezza dello svincolo stradale che porta alla frazione di Rocca. Dopo la messa celebrata nella vicina chiesetta di San Michele, parlò il sindaco di Arsiè dottor Antonio Padovan, e Paride Brunetti “Bruno” ex comandante della brigata Gramsci.

 Dalla relazione della brigata Monte Grappa: verso le ore 8.20 una formazione del battaglione Tonini operante sulla sinistra del fiume Cismon si scontrava con una colonna tedesca forte di 500 uomini della Luftwaffe e delle S.S. che, risalita alla valle del Cismon, era in procinto di accantonarsi nell’abitato di Arsiè dove aveva già iniziato una serie di rapine e di saccheggi. Ne seguì un combattimento violento a distanza ravvicinata, in cui da ambo le parti, le perdite furono sensibili. I tedeschi, pressati, operavano un rapido sganciamento, ma riuscirono a trarre secco alcuni nostri prigionieri. Sul terreno rimanevano due morti i nostri e due gravemente feriti. Il garibaldino Turra nel tentativo di fuggire dalle mani del nemico, veniva ucciso da una scarica di mitra. In totale: tre morti, sei feriti gravi da parte nostra, da parte del nemico 17 tra morti e feriti.

 Dal rapporto del comandante della stazione CCRR di Arsiè:

 29 4 1945, alle ore 10.30 proveniente da Rocca, giunge una colonna di soldati tedeschi in bicicletta a piedi o su calessi, sono circa una trentina compresi gli ufficiali. Accompagnano due giovani di Rocca: Strapazzon Elio “Patria” (di Augusto e di Arboit Maria) nato ad Arsiè il 27 luglio 1928, Arboit Antonio (di Antonio e di Giovanna Arboit) nato ad Arsiè il 18 maggio 1902, essi sono scalzi, Elio è ferito, sono terrificati poveri figlioli. I tedeschi si fermano in Arsiè, alcuni curiosi si avvicinano ai giovani, alle 13.00 la colonna riprende la marcia, in prossimità della chiesetta di San Michele e precisamente sulla rotabile che porta a Cer i due partigiani vengono fatti allontanare di pochi passi e poi fucilati con una raffica di mitra verso sera i cadaveri vengono rimossi e accompagnati a Rocca dove il lutto era sceso nei cuori di tutti gli abitanti della frazione.

 Arboit Antonio Tony nato ad Arsiè il 18 maggio 1920, professione: contadino

 Arboit Beniamino nato a Rocca il 14 8 1914, orfano di entrambi, 5 elementare, autista meccanico, nel 37 nell’arma dell’aviazione, autista a Napoli, poi a Torino a Mirafiori, l’8 sett. si arruola nei partigiani, ucciso dalle truppe tedesche in ritirata a Rocca di il 29 4 1945.

 Arboit Ettore Tenina nato a Rocca di il 26 -9 -1913 ucciso dalle truppe tedesche a Rocca il 29 -4 -45.

 Arboit Gino Fradina nato a Rocca di il 30 -3 -1920 fratello di sopra ucciso il 29 -4 -45 dai tedeschi in ritirata in Rocca .

 Turra Virginio nato a Rocca il 1- 6 -1896 coniugato con 4 figli.

 Zancanaro Natale nato a Incino il 16 -12 -1926

 Dal rapporto del CCRR di Arsiè: Zancanaro Natale era sul Grappa, rastrellato e identificato quale partigiano, venne arrestato e accompagnato a Pederobba dove venne impiccato in quel giorno 2/10/19044.

 1 maggio 1945 nelle prime ore del mattino, il battaglione lasciato il velo di copertura nella zona presidiata muoveva all’attacco di Arsiè con fulminea azione la compagnia riusciva a sbaragliare le forze tedesche, le quali si sbandavano sotto il nutrito fuoco delle armi partigiane, venivano liberati così 55 soldati americani fatti prigionieri dai tedeschi nei pressi di Vicenza. I prigionieri alleati ebbero parole di altissima riconoscenza e ammirazione per lo sforzo partigiano che aveva riconquistato loro la libertà e taluni, addirittura entusiasti, chiedevano di poter combattere insieme al battaglione, il che era impossibile per difetto di armi e perché si volle procurar loro quella ospitalità che le privazioni subite negli ultimi giorni imponevano. Condotti in paese di San Vito ebbero assistenza e furono festeggiati dalla popolazione la quale, benché assai povera, mise a loro disposizione quanto di meglio possedeva. Pagina 91

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 Notizie sparse    cenni su Rocchesani.

 Arboit don Michele Domenico di Giovanni e Turra Bortola nato il 13-quattro-1833 La madre di lui rimasta vedova passò a seconde nozze con Brandalise Giuseppe della contrada Berti. Rimasto orfano fu allevato sotto la tutela di suo zio paterno Don Angelo Arboit parroco di questa cura. Era ancora fanciullo e da suo zio fu messo garzone quale tessitore presso Brustolin Domenico dove fu istruito ma il Signore lo chiamava a ben altra migliore missione, mostrò vocazione a farsi prete e dallo stesso zio sacerdote fu mandato alle scuole e poi in seminario a Padova. Creato prete fu mandato cappellano curato nella vasta e montuosa parrocchia di San Giacomo di Lusiana dove rimase 11 anni come cappellano e fu amato e stimato da tutti. Egli credeva di rimanervi lungamente ma avvenuto che lo zio paterno parroco di Rocca morì e fu nominato parroco di Rocca il 29 giugno 1871. Per circa 20 anni resse con molta lode questa parrocchia fu sempre amato da tutti per le sue eccellenti qualità, più per la sua passione e generosità verso i poveri. Visse e morì per i poveri poiché l’ultimo suo atto di volontà fu per i poveri di Rocca lasciando ad essi metà della sua sostanza. Nei 20 anni che fu parroco furono eseguiti importanti lavori nella nuova chiesa parrocchiale: la restaurazione e castello del campanile, le nuove campane, le porte e il maestoso altare maggiore, il pavimento fu per la massima parte pagato da lui vendendo a tale scopo un prato che possedeva nel col del Vigh. Sotto di lui si istituirono in questa parrocchia il terzo ordine francescano e il comitato parrocchiale con una relativa sezione giovani nella cui istituzione fu moltissimo assistito dal molto Reverendo Don Marco Ceccon suo ultimo cappellano, il quale era stretto da così scambievole affetto quale padre verso il figlio e viceversa come lo attesta il suddetto cappellano nel saluto che ebbe dare alla di lui salma nel cimitero prima di essere sepolto. Don Michele fu valente nella caccia, suo unico divertimento, ma fu pure zelante per la cura d’anime, fu molto caldo per la causa del Papa e ricordava sempre la memoria di Pio IX e lodava la sapienza di Leone XIII. Dice il proverbio: che del male che si teme si muore, così fu per lui. Nella primavera del 1887 in dì festivo fu assalito da un colpo apoplettico mentre faceva la spiegazione evangelica al popolo nella messa parrocchiale. Si riebbe in breve dall’asservimento, però da allora fu assalito da numerosi leggeri colpi apoplettici che lo riducevano mezzo impotente e sarebbe morto molto tempo prima se non fosse stato il cappellano Don Marco Ceccon che lo sollevava dalle fatiche sia di cura interna che esterna. Tutti i rimedi e precauzioni tornarono vane: nella notte fra l’8-9 ottobre 1891 fu talmente assalito da un colpo apoplettico che restò mezzo soffocato che in mezz’ora lo rese cadavere. Erano circa le 11.45 prima di mezzanotte sentendosi venir meno le forze e il respiro, batté con un bastone nel solaio chiamando la Luigia, già sua domestica da vent’anni e la mandò a chiamare il cappellano. Volle Iddio che assieme alla Facchin Luigia forse a dormire anche certa Bassani Maddalena fu Valentino sorella del parroco di Cismon Don Lorenzo Munari. Don Marco Ceccon arrivò in tempo a ascoltare la sua ultima confessione, appena confessato il parroco si raccomandava la sua stessa anima a Dio con le parole che la Chiesa usa. Corse il cappellano apprendere il Santissimo sacramento ma mentre voleva viaticarlo si accorse di non essere più in tempo essendo entrato in agonia non avendo più l’uso dei sensi esterni, gli somministravano tanto l’estrema unzione che la benedizione pontificia in forma breve e dopo rinnovato un’altra volta all’assoluzione sacramentale con le braccia incrociate sul petto spirò l’anima nel bacio del Signore. Fu seppellito nel cimitero di Rocca oggi 10 ottobre 1891 alle 11.00 con il concorso di 12 sacerdoti.

 Arboit Don Angelo di Pietro e Maddalena Brustolin nato il 15 marzo 1826,fu cappellano di questa parrocchia e ad Arten, sacerdote di ottimo impegno fu travolto per vicende politiche nel 1859 e lo costrinse ad abbandonare il sacerdozio costretto persino a smettere l’abito talare. Fu professore di letteratura italiana in vari licei del regno, da soli due anni ottenuta la pensione dal governo italiano tornava a Rocca a seconda della stagione quando la sera del corrente mese lo colse un grave malore che lo ridusse in fin di vita. Chiamato d’urgenza il sottoscritto nulla potè fare nell’interesse del povero disgraziato perché ormai privo di sensi se non che riavendoli il giorno 18 il sottoscritto chiamato dal molto reverendo vicario parroco di Arsiè si poté ottenere una ritrattazione su quanto egli avesse detto, fatto e scritto contro la santa Chiesa cattolica apostolica romana, e di riparare lo scandalo dato al suo paese natio, essendo disposto a morire da vero cristiano non solo ma anche da vero sacerdote: cioè confermare alla presenza di quattro testimoni. Nonché delle sottoscritto e sul riferito arciprete vicario foraneo di Arsiè e da Don Marco Ceccon parroco di Mellame. Ciò ottenuto l’Arboit si confessò e ricevuto tutti i conforti religiosi compresa estrema unzione e benedizione pontificia, nonché quella particolare di Sua eccellenza Monsignor vescovo di Padova Giuseppe Callegari e del patriarca di Venezia Giuseppe Sarto e gli passò a miglior vita migliore il 19 corrente mese, anniversario della sua prima messa in questa parrocchia. Si giova sperare nell’intercessione di San Giuseppe che l’anima sua abbia trovato misericordia e di trovarsi in luogo di salvamento. La popolazione, lacrimalmente sentì una grande consolazione e volle dimostrare sincera soddisfazione con grande concorso alla sua tomba. Il suo cadavere venne oggi è sepolto in questo cimitero alla presenza del sottoscritto e con il concorso del vicario foraneo e di Don Marco Ceccon.

 Grando Antonio Maria di Giuseppe e Turra nato il 11 giugno 1844. Morì per accidentale caduta. Partiva da casa sua situata ai Berti e recatosi alla Rocca per vendere il vino. In detta circostanza bevette un bicchiere più del solito e tornava a casa sulla sera per la via del ponte di pietra. Arrivato a un punto dove la strada era più piana e meno ripida si inciampò e scivolò giù dal sottostante ponticello sotto il quale c’era un precipizio dall’altezza di circa 100 m. Cadde da quell’altezza e precipitò nel forro detto Vallegon rimanendo sul momento morto e freddo cadavere. Ciò avvenne la sera del 27 ottobre 1892.

 Nardino Angelo fu Mario e Antonia Zancanaro, nato il 18-3-1817, vedovo di Nardino Bortola morì all’ospitale di Bassano dove si era rifugiato per farsi curare da cataratte. Tanto si lesse nell’avviso del Comune di quella città ove morì il 14 dicembre 1891.

 Lunardi Giovanni fu Antonio e Brustolin Domenica nato il 27-sette-1824 vedovo di Arboit Arcangela colla quale erasi sposato il 14-2-1844, mancò ai vivi il giorno sette di settembre in San Vito e Roveri nella località Col del Gallo, presso la famiglia di sua figlia Angela sposato con un figlio di Nin delle Caneve, dove si era recata a passargli gli ultimi suoi giorni della travagliata sua tarda esistenza. Morì in causa di semi-sincope cardiaca, in poche ore senza assistenza del sacerdote e privo per la distanza dell’abitato di ogni conforto religioso. Era buono e amato e stimato dai buoni. Religioso, tanto che nato ricco per l’erezione di questa chiesa, fin dall’anno 1860 e mandata a termine nel 1862 tanto cooperò, finché, per le insorti questioni dovette corrispondere del suo, insieme col di lui cointeressato, capo commissionato Faoro Giuseppe restando il medesimo quanto il Faoro (in allora pure lui ricco) nella più squallida miseria, se i figli dell’uno, e dell’altro, non avessero con il loro aiuto, cercato di lenire tante sofferenze dai medesimi sofferte. Il suo cadavere venne oggi sepolto in questo cimitero tradotto e accompagnato dalla rev. Parroco di San Vito fino all’oratorio dei santi Ippolito e Cassiano, da dove venne levato dal sottoscritto con il concorso del parroco di San Vito – Roveri e da Don Filippo Strappazzon di Arsiè. Venne tumulato lasciando nei buoni il caro ricordo delle sue virtù e nella rassegnazione.

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 Cronistoria delle visite pastorali dei vescovi di Padova a Rocca.

 7-10-1488 vescovo Barozzi

 11-9-1571 vescovo?

 1-10-1601 vescovo?

 18 10-1666 vescovo Gregorio Barbarico (Arsiè)

 14-6-1686 vescovo Gregorio Barbarico (Rocca)

 24-7-1745 cardinale Rezzonico (Rocca)

 12-11-1874 vescovo ausiliare Polin (Rocca)

 13-11-1935 vescovo Elia Dalla Costa (parroco Don Bernardino Rossi)

 1-12-1935 vescovo Carlo Agostini (parroco Don Alfredo dal Santo)

 9-11-1943 vescovo Carlo Agostini (parroco Don Alfredo dal Santo)

 7-12-1956 vescovo Girolamo Bortignon (parroco Don Francesco Vidale)

 23-11-1966 vescovo Girolamo Bortignon (parroco Don Lino Minuzzo)

 8-10-1974 vescovo Girolamo Bortignon (parroco Don Giuseppe Cherubin)

 20-25 ottobre 1984 vescovo Filippo Franceschi (parroco Don Olivo Sartori)

 2-4-2002 vescovo Antonio Mattiazzo

16 giugno 2019  vescovo Claudio Cipolla

 Elenco parroci di Rocca

 1672 don Simone Rizzon

 1698 don Marco Lunardi

 1757 don Gio Batta Minuzzi

 1778 don Gio Batta Bon

 1798 don Antonio Brustolin

 1814 don Giuseppe Leonardi

 1819 donDomenico Pianoro

 1821 don Domenico Strazzabosco

 1831 don Gio Batta Dall’Agnol

 1847 don Angelo Arboit

 1871 don Michele Arboit

 1892 don Luigi Mocellin

 1907 don Sebastiano Busnello

 1921 don Bernardino Rossi

 1935 don Gioachino Formentin

 1937 don Alfredo Dal Santo

 1955 don Francesco Vidale

 1960 don Antonio Solbego

 1965 don Lino Minuzzo

 1971 don Giuseppe Cherubin

 1979 don Olivo Sartori

 1990 don Angelo Vialetto

aggiornamenti

1699 2 settembre, durante la visita pastorale compiuta a Fonzaso il vescovo di Padova convoca il parroco di Rocca, ecco il verbale del colloquio

Ammonizione al reverendo Marco Lunardi, parroco di Sant’ Antonio di Rocca.

Io Eminentissimo e Reverendissimo Signor Giorgio Cornelio Corner per la Misericordia Divina Cardinale di Santa Romana Chiesa con il titolo di basilica dei Santi  dodici Apostoli, Vescovo di Padova e Conte di Piove di Sacco,ecc…

Poiché ci fu riferito e con i nostri occhi abbiamo visto che tu, reverendo Marco Lunardi, rettore della chiesa parrocchiale di Sant’Antonio di Rocca d’Arsiè, da un lato sei troppo pigro nell’affrontare il tuo dovere e hai il trascurato finora l’insegnamento della dottrina cristiana, pensando troppo ai tuoi interessi, tanto che avendola posticipata alla sera sei responsabile del fatto che i tuoi parrocchiani si ritrovano poco numerosi; sei inoltre lento e negligente nella visita agli infermi e non una sola volta per tua colpa sono morti senza il sacramento dell’estrema unzione; dall’altra parte, invece, per il troppo ardore nella riscossione dei frutti che i Parrocchiani ti devono per il tuo compito di parroco, sei arrivato a entrare di tua iniziativa in modo autoritario nelle case dei tuoi parrocchiani e a portar via dei pegni a garanzia e terrorizzando con ripetute minacce i tuoi parrocchiani hai compiuto verso di essi il compito di esattore pubblico piuttosto che quello di parroco.

Perciò, agendo una con mitezza verso di te, ti ammoniamo per la prima, la seconda, la terza e perentoria volta, e con questa di ammoniamo e ti ordiniamo di essere, d’ora in poi, più diligente e il vigilante in tutto ciò che riguarda le anime dei tuoi parrocchiani; per ciò che riguarda invece il tuo interesse e gli obblighi dei parrocchiani, reclama pure tutto, ma con maggiore mitezza e per vie legali…

Altrimenti,ecc.. Senza pregiudizio di procedere contro di me in qualsiasi momento, ecc… È in qualsiasi modo,ecc… In ogni modo ecc…

Fatto a Fonzaso nella visita di Sua Eminenza Illustrissima e Reverendissima nel 1699

Firmato: Cardinale Cornelio Corner Vescovo.

Io Marco Lunardi Rettore  della Chiesa di Sant’Antonio di Rocca ho promesso l’accettazione del richiamo. Letto e fatto pubblicare a Fonzaso, nella casa parrocchiale lo stesso giorno, presenti il reverendissimo Signor Giuseppe A. Carlotto, Canonico Penitenziere di Padova e il molto Reverendo Signor Pietro Antonio Cerati, arciprete di Fonzaso, Vicario Foraneo.  

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1736 visita pastorale del vescovo cardinale Francesco Pisani

congregazione tenutasi da Sua Eccellenza Reverendissima con tutto il clero della vicaria di Fonzaso in occasione di visita nella casa dei nobili signori Angeli di Feltre in Arsiè il dì 2 giugno 1736.

Dopo che Don Antonio  Cerati  vicario foraneo e arciprete di Fonzaso è stato rimosso da entrambe le cariche causa mala condotta, il vescovo procede a questa nomina

Don Giovanni Antonio Forzellini arciprete di Arsiè

rimanendo vacante la carica di vicario foraneo di queste parrocchiali per essere stato deposto dalla stessa l’arciprete di Fonzaso, assicurati Noi nella di Lei prudenza, e compostezza di costumi, come abbiamo rilevato non solo in occasione della visita nella sua Chiesa, ma ancora dalle buone relazioni della sua Persona, ci siamo determinati di affidare a Lei detto incarico, compromettendosi che verrà sostenuto con quel decoro, e saggezza, che ben richiede il medesimo ministero. Raccomandiamo pertanto alla di Lei attenzione e puntualità di promuovere le Congregazioni dei casi morali, la visita alle scuole della Dottrina Cristiana e tutto L’altro che riguarda a una tale incombenza, perché Noi possiamo sempre più rimanere contenti di questa elezione, e lei altresì possa meritarsi da Dio Signore un’abbondante mercede.

 

Don Liberale Finco, parroco di Rivai

Don Marco Lunardi, parroco di Rocca

Don Domenico Cerato, curato di Mellame

non avendo noi cosa alcuna in contrario circa il loro proprio dovere nella cura d’   anime a loro affidate, solo ci resta di raccomandare queste al loro zero, perché sempre più gli portino quei vantaggi spirituali, che possono guadagnare dalla loro buona direzione. Si interessino dunque a tutto potere in un punto di tanta importanza, non mancando né all’assistenza degli inferni, all’istruzione della dottrina cristiana e a tutto l’altro che riguarda il proprio dovere pastorale.

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visita pastorale del vescovo cardinale Carlo Rezzonico

verbale dell’incontro con i sacerdoti del vicariato di Arsiè il giorno 26 del mese di luglio 1745.

Nella casa del arciprete di Santa Maria di Arsiè

l’Eminentissimo e Reverendissimo Padre in  Cristo, Signor S. Carlo Rezzonico, per la misericordia divina Cardinale Diacono di Santa Romana Chiesa (titolare) di San Nicola nel carcere Tulliano, vescovo di Padova ecc… Completata la visita di tutte le chiese che si trovano nel vicariato foraneo di Arsiè, ordina che si radunassero davanti a lui tutti i parroci, i sacerdoti e i diaconi del vicariato, e chiamati tutti davanti a sé, dette queste indicazioni:

il molto reverendo signor Antonio Forcellini, arciprete di Arsiè e vicario foraneo, del quale approvò e lodò gli ottimi costumi; però lo esortò a dedicarsi con maggiore impegno nell’esercizio di trasmettere la Dottrina Cristiana, con questa norma che, se lui stesso da solo non può aiutare in questo tutto il popolo, incarichi un sacerdote prudente per l’insegnamento della dottrina alle donne. A lui poi ordinò di controllare con attenzione e assiduità quale sia il modo di vivere e quali siano i costumi degli ecclesiastici del suo vicariato, perché si è appurato che molti di essi si danno all’ozio e cedono al vino più che coltivare la vigna del Signore e gli impose il compito di segnalare alla Curia Episcopale immediatamente quanto riguarda le mancanze e le cattive azioni di qualsiasi di essi. Infine (il cardinale) incoraggiò l’arciprete ad istituire una scuola di teologia sia per i sacerdoti che per i ragazzi laici, che desiderano dedicarsi al culto divino, perché non sta proprio bene che con così grande moltitudine dei suoi fedeli non si trovi nessuno che si è iscritto nelle milizie del clero.

Il molto reverendo Marco Lunardi Rettore della Chiesa Parrocchiale di Rocca e gli disse di aver saputo, con la massima tristezza del suo animo, che lui ha acquistato poderi e case per i suoi nipoti e che nulla ha assegnato al culto di Dio e all’ornamento della sua Chiesa, che anzi si è opposto alla pia intenzione del popolo che aveva stabilito di acquistare un nuovo tabernacolo per conservare la Santissima Eucarestia. E lo ammonì paternamente a pensare seriamente che fra poco dovrà rendere conto a Dio e che perciò correggere gli errori della passata vita, mentre lo può fare per tempo. Lo rimproverò poi aspramente, perché non ha eseguito nessuno dei decreti stabiliti dai suoi predecessori vescovi in visita della sua Chiesa di cui è responsabile da 50 e più anni; e lo ammonì perché esegua a puntino i decreti che vengono stabiliti nella visita attuale sotto le pene, in caso di disobbedienza, ben conosciute, e ordinò al Vicario Foraneo di vigilare sull’esecuzione predetta dei decreti e di informarlo per iscritto.

Al molto Reverendo Liberale Finco Rettore della Chiesa Parrocchiale di Rivai, al quale ordinò di mandare via subito la ragazza che tiene in casa come domestica e gli vietò di non usare sotto qualsiasi pretesto stiracchiato o sotto qualche argomento ricercato, di ricevere in casa propria quella o un’altra giovane, e invitò questo Parroco di restare a disposizione dei suoi parrocchiani infermi fino all’ultimo respiro della vita.

Il molto Reverendo Domenico Cerato Curato della Chiesa Parrocchiale di Mellame, e lo rimproverò aspramente perché si dedica, non senza danno per i poveri, alle biade e ai bachi da seta, anche se falsamente asserisce che le attività riguardano sua sorella, perché spesso se ne sta lontano dalla canonica per cinque o più giorni, perché per nulla preoccupato degli infermi della sua parrocchia, non appena somministrato loro i Santissimi Sacramenti, se ne va senza più tornare; perché lui solo in tutto il vicariato porta vesti di seta e perché non dedica nessun impegno nelle discussioni dei casi morali. Perciò ammonì lo stesso sacerdote affinché si impegni a riformare in meglio la sua vita e i suoi costumi e a intraprendere un sistema di vita che meglio risponda al suo ordine e al suo ministero.

Altri decreti emanati per tutto il clero del vicariato che devono essere osservati e adempiuti da tutti i rettori delle chiese di Arsiè, Rivai, Rocca, Mellame.

1.curi, il parroco, in modo particolare di visitare sempre più spesso gli infermi della sua parrocchia e di somministrar loro opportunamente i Sacri Sacramenti e quelli che si trovano nel pericoloso e temibile combattimento della morte, curi di consolarli con esortazioni, di aiutarli con le preghiere più efficaci e sia sollecito verso di essi con ogni opera di carità e di pietà fino all’ultimo respiro di vita e tenga sempre presente che ogni pastore di anime, dovrà rendere strettissimo congiunto al sommo pastore celeste delle pecore che gli sono state specificamente affidate.

2.Si dia da fare (il parroco) per convincere i suoi parrocchiani ad eliminare del tutto i balli, le chiacchierate, le veglie (i filò), in cui maschi e femmine si trovano insieme; e i genitori non permettano che le loro figlie abbiano con gli adolescenti incontri segreti, dai quali nascono poi scandali e inimicizie.

Carlo Rezzonico Vescovo di Padova, Carlo Pasini dottore in diritto canonico e civile.    

 

 

1904 andato distrutto il precedente registro dei nati, mancano i dati dei primi quattro anni del secolo, da quest’anno si ha un preciso andamento demografico. Nel corso di quest’anno si ebbero 111 nascite (comprendente Rocca  e tutte le borgate, Incino compreso), divisi in 65 maschi e 47 femmine. Questa la divisione per nomi: Giovanni 7; Giuseppe 7; Mario 4; Gelindo 4; Antonio 3; Luigi 3; Angelo 3; Ernesto 2; Sisto 2; Pietro 2; un nome ciascuno: Giobatta , Livio, Pasquale, Quinto, Sebastiano, Primo, Clemente, Francesco, Giacomo, Federico, Secondo, Innocente, Rodolfo, Giocondo, Vittorio,Italo, Ovidio, Augusto,Celestino, Emilio, Ildefonso, Fioravante, Gio Battista, Riccardo, Agelindo, Silvio, Cortese.

Le femmine vennero chiamate così: Maria 7; Erminia 4, Barberina 3; Elvira 3; Domenica 2; Virginia 2; Giovanna 2, un nome ciascuno: Romana, Natalina, Jolanda, Celeste, Gentile, Placida, Italia, Alba, Margherita, Teresa, Amelia, Palmira, Carmellina, Angela, Cristina, Giuseppina, Giuseppa, Speranza, Pierina, Maria Maddalena, Danilla, Bernardina.

Questa è la suddivisione per cognome: Zancanaro 19; Arboit 17, Smaniotto 13; Strappazzon 9; Brandalise 8; Turra 8; Bassani 7; Grando 6; Brustolin 6; Nardino 3; Martinato 2; De Nale 2; un cognome ciascuno: Ganzer, Martinon, Benvenuti, De Marchi, Borsa, Padovan, Maddalozzo, Stieven.

Questa la natalità a Rocca nei primi anni del Novecento: 1904: 111;  1905: 94;  1906 : 96;  1907: 87;  1908: 117; 1909: 97;  1910: 88;  1911: 80;  1912: 78;  1913: 73;  1914: 85; 1915: 81;  1916; 59;  1917: 35;  1918: 6;  1919: 32;  1920. 84; 1921: 83;  1922: 78;  1923: 54; 1924: 62. Record di nascite nel 1908, record negativo nel 1918, sia per la durezza dell’inverno 1917-1918, sia per l’abbandono dei paesi causa profugato. Due righe sui nati del 1918: il primo bimbo, Zaccaria Strappazzon, nacque a Incino il 3 gennaio, il secondo, Virgilio Benvenuti nacque ai Zanetti il 7 febbraio, terza fu Olga Brandalise nata ai Fumegai, gli altri 3 nacquero tutti ai Toesch: due erano gemelli: Giuseppe e Giacoma Turra figli di Angelo Turra e Angela Zanella. Contemporaneamente sempre ai Toesch nasceva Maria Turra, contemporaneamente perchè era il 16 aprile e alla stessa ora le 18.

 

Ecco come il parroco di Rocca chiude il 1904:

quest’anno resterà memorando nei fasti della chiesa di Rocca per la fausta ricorrenza del 50°anniversario della Dogmatica Ricorrenza (dogma dell’Immacolata Concezione) che Pio x, felicemente regnante, apriva i tesori della Chiesa, pubblicando “Urbi et Orbi” l’indulgenza del S. Giubileo, che venne celebrato in tutte le chiese del mondo, con solennità straordinaria e chiuso l’8 dicembre, dallo stesso, in Piazza S. Pietro a Roma alla presenza di ben 50.000( cinquantamila) persone tra Romani e forestieri. Don Luigi Moccellini.

Laudate pueri Dominum et sit Nomen Domini benedictum

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1900 memorandum

ell’è questo l’ultimo anno del secolo che per la fede che albergava e tuttora alberga in mezzo a questa religiosa popolazione, lo scrivente parroco, può affermare che tutti questi buoni parrocchiani corrisposero sempre volentieri alla cassa con le italiane lire 25, per conto della dispensa del 3° e 4° grado di consanguinità, venti per conto dispensa, cinque per conto  beneficio parrocchiale. E sempre salve le disposizioni dell’autorità ecclesiastica, per conto della sussiferita cassa. Avvertendo i posteri che esistendo la legge del contratto civile matrimoniale, in questa parrocchia di Rocca, a tutt’oggi, nessuno aprofittò della legge civile senza prima aver attemprato a quella ecclesiastica.   Don Luigi Moccellini, parroco.

1901

23 gennaio: primo sposo di Rocca

Smaniotto Giacomo fu Domenico e di Maschio Margherita nato in questa parrocchia li 26 novembre1876 e qui sempre domiciliato ad eccezione del tempo che fu al servizio militare, sposò Giostra Pia Immacolata figlia di Giostra Gallo e di Bof Anna nata in parrocchia di Seren Del Grappa il 10 luglio 1875, cattolica, nubile, villica. Fu ottenuto dalla rev. Curia Vescovile il mandato di stato libero per sposarsi in parrocchia a Seren.   Don Luigi Mocellin parroco.

13 febbraio 1901

primo matrimonio del secolo celebrato nella chiesa di Rocca e fu questo:

Zancanaro Antonio di Bortolo e della fu Grando Benedetta nato in questa parrocchia li 13 gennaio 1879 e qui sempre domiciliato ad eccezione del tempo che fu all’estero per lavori. Cattolico, celibe, villico, sposò:

Zancanaro Rosa di Guerrino e di Strappazon Maria di Angelo, nata in questa parrocchia il 14 marzo 1880 e qui sempre domiciliata. Cattolica, nubile, villica. Fu ottenuto il mandato di stato di libertà per il tempo…..avendo prestato giuramento nelle mani del rev. Vicario Foraneo di Arsiè, premesse le 3 canoniche pubblicazioni nei giorni festivi inter missarum solemnia 6-13-20 gennaio, senza scoperta di alcun canonico impedimento, oggi furono congiunti in santo matrimonio dal sottoscritto per verbo dei presenti in eclesie e benedetti nella s. Messa Missarum Romanorum, essendo testimoni rogati ad hoc Bassani Giovanni fu Antonio e Bassani Antonio di Giovanni sacrestani di questa chiesa.   Don Luigi Mocellin parroco di Rocca

2 atti di matrimonio scelti a caso

18 febbraio 1903 Arboit Gervasio di Giuseppe e della fu Turra Maria Domenica nato in questa parrocchia i 24 settembre 1875 e qui domiciliato ad eccezione del tempo che fu di servizio militare e all’estero per lavori. Cattolico, villico, sposa:

Arboit Domenica

di Giovanni e della fu Grando Maria nata in questa parrocchia il 21 luglio 1879 e qui sempre domiciliata. Cattolica, nubile, villica. Fu chiesto e ottenuto dalla rev. Curia Vescovile il mandato di stato libero per il tempo di vagazione del nubendo in data 27 gennaio numero  530. Premesse le tre canoniche publicazioni nei 3 giorni festivi inter missam solemnia 18-25 febbraio e 1 marzo, senza scoperta di nessun impedimento, oggi furono congiunti in santo matrimonio per verba dei presenti e da me sottoscritto e benedetti nella S. Messa essendo testimoni ad hoc rogati Bassani Giovanni fu Antonio e Bassani Antonio di Giovanni sacrestani di questa parrocchia.    Don Luigi Mocellin parroco di Rocca.

15 febbraio 1908 ottenuto la dispensa apostolica in data 1 febbraio anno corrente, sopra il 4° grado di consanguinità e la dispensa vescovile dalle tre canoniche pubblicazioni, non essendovi scoperto alcun impedimento, io Don Sebastiano Brunello rettore di questa parrocchia, ricevuto per mutuo interrogatorio il mutuo consenso per verba dei presenti, il giorno 15 corrente febbraio congiunsi in santo matrimonio in questa chiesa:

Arboit Prosdocimo

di Giovanni fu Gian Maria(Cornaro) e di Grando Maria fu Zaccaria, nato in questa parrocchia il giorno 4 marzo 1876 e qui sempre domiciliato con:

Arboit Maria Maddalena

, di  Cristiano fu Cassiano e Turra Maria fu Giacomo, nata in questa parrocchia il giorno 31 maggio 1883 e qui sempre domiciliata. Testimoni a hoc rogati furono: Bassani Antonio di Giovanni e Benvenuti Angelo di Giacinto sacrestani di questa chiesa. Nella s. Messa furono impartite le benedizioni nuziali secondo il rito di Santa Madre Chiesa.  Don Sebastiano  Brunello parroco di Rocca.

 

1699

il 10 gennaio Fiorese Mattio fu Lazzaro quarantenne di Cismon muore “oppresso e percosso da grandi quantità di borre”, nella valle delle Faghere, contrà Carassagno, della Rocca, territorio feltrino, avendo invocato i nomi di Gesù e Maria.

1717

22 settembre, Martinon Maria fu Valentino, di anni 15, dalla Rocca annegata accidentalmente nella cura di Rocca e ritrovata nel Brenta in questa parrocchia.

1723

14 aprile, Smaniotto Mattio della pieve di Rocca d’Arsiè, di anni 58, annegato al ponte di Cismon, venne sepolto nel cimitero di San Marco in Cismon, per ordine dell’Ecc.mo Reggimento di Bassano e fede del curato di Rocca che sia stato da tre anni in qua alquanto lunatico (pazzo)

1703

15 giugno, Zancanaro Maria fu Francesco, della Rocca, muore precipitata dal sasso d’Incin, aveva ricevuto i sacramenti il giorno prima.

1740

il 20 giugno Grando Pietro della Rocca di anni 50 è precipitato dal monte di Peda’ Ansin ed è morto subito.

1873

Arboit don Giacomo fu Domenico e fu Giacoma Bassani, di anni 31, cappellano della frazione di Rivai di Arsiè,incensurato, viene processato per l’accusa di contravvenzione art. 27 della legge sulle Privative, con sentenza del 19 ottobre viene deciso di non farsi luogo a procedere.

1680

Antonio Zancanaro di Giacomo d’Anzin rimane ucciso per caduta di “borre” tra Corlo e Rocca, non potè ricevere l’assoluzione sotto condizione, ma a tempi debiti s’accostava ai Sacramenti e viveva da buon cristian.

1774

il 21 novembre Smaniotto Antonio del Corlo di Arsiè, di anni 40 circa, muore precipitato dalla strada che da Ansìn porta al Ponte di Cismon.

1872

Borsa Angelo fu Antonio, detto Bano, di anni 51, di Incin di Arsiè, Belluno, illeterato, sposato, incensurato, accusato di contravvenzione dell’articolo 27 della legge sulle Privative, essendo stato trovato in possesso il 18 novembre 1871 in Valgadena di Valstagna di kg. 2 di tabacco in polvere, con sentenza del 23 ottobre viene condannatoa una multa di lire 51 e altre 40 lire di proporzionale.

1872

Brandalise Clemente di Antonio 27 anni di Rocca d’Arsiè, Belluno. per essere stato trovato il 25 gennaio in possesso di 100 grammi di tabacco presso la valle di San Lorenzo in San Nazario, viene cndannato il 30 novembre dal tribunale di Bassano a una multa fissa di lire 51, e di 20 lire di proporzionale.

1918

 

 

questi sono i caduti di Rocca nel corso della grande guerra, tali nominativi sono estratti dal sito: www.cadutigrandeguerra.it sul monumento davanti alla Chiesa i caduti riportati sono 57, di molti non viene riportato nulla.

Brandalise

Antonio di Antonio nato Cismon il 22 ottobre 1888, soldato del 6° reggimento Alpini, morto l’ 11 novembre 1918 a Roncada per malattia.

Pietro di Arcangelo nato 17 novembre 1888 ad Arsiè, soldato del 7° reggimento Alpini, morto il 19 dicembre 1917 sul monte Grappa per le ferite riportate in combattimento.

Simeone di Ottavio, nato il 23 agosto 1887 ad Arsiè, morto il 18 Dicembre 1917 per ferite riportate in combattimento.

Brustolin

Antonio di Giacomo, nato ad Arsiè il 14 luglio 1896, soldato del 7° reggimento Alpini, morto il 30 luglio 1917, nell’ospedale da campo numero 085 per le ferite riportate in combattimento.

Giovanni Battista di Giacomo, nato ad Arsiè l’8 giugno 1883, sergente del 7° reggimento Alpini, morto il 20 dicembre 1917 nell’ambulanza chirurgica di Armata per le ferite riportate in combattimento.

Giuseppe di Felice nato ad Arsiè il 26 febbraio 1893, disperso in Libia in combattimento.

Michele di Clemente, nato ad Arsiè il 2 maggio 1885, soldato del 153° reggimento Fanteria, morto il 6 dicembre 1918, nell’ospedale da campo nr.018, per malattia.

Fantin

Pio Leone nato ad Arsiè il 9 giugno 1894, soldato del 47° reggimento Fanteria, disperso il 5 luglio 1915 sul monte San Michele in combattimento.

Ganzer

Giovanni Attilio di Giacomo, nato ad Arsiè l’8 novembre 1898, morto il 13 dicembre 1917 sul monte Grappa per le ferite riportate in combattimento.

Grando

Angelo di Antonio nato ad Arsiè il 27 novembre 1890, soldato del 56° reggimento Fanteria, morto il 8 novembre 1915 a Vicenza per le ferite riportate il combattimento.

Erminio di Giovanni nato ad Arsiè il 21 maggio 1885, soldato della 166° compagnia presidiaria, morto il 29 novembre 1918 nell’ospedaletto da campo nr. 061 per malattia.

Giulio di Antonio nato ad Arsiè il 30 novembre 1896, caporale del 7° reggimento Alpini, morto l’ 11 dicembre 1917 sul monte Grappa per le ferite riportate in combattimento, decorato con medaglia d’argento al valor militare

Lunardi

Giovanni Battista di Antonio, nato ad Arsiè il 6 giugno 1888, sergente dell’8° reggimento Alpini, morto il 2 dicembre 1818 a Montebello per malattia.

Maddalozzo

Giuseppe di Serafino nato ad Arsiè il 25 dicembre 1876, soldato del 246° batteria M.T., morto il 2 settembre 1917 nell’ospedaletto da campo nr. 178 per malattia.

Nardino

Giuseppe di Antonio nato ad Arsiè il 9 agosto 1895, soldato del 20° reggimento di Fanteria, morto il 18 luglio 1915 per le ferite riportate in combattimento.

Smaniotto

Angelo di Giuseppe nato ad Arsiè il 6 novembre 1898, soldato del 117° reggimento Fanteria, morto il 4 settembre 1918 sul Col Rosso per ferite riportate in combattimento.

Angelo di Angelo nato ad Arsiè il 27 settembre 1887, soldato del 115 reggimento Fanteria, morto il 22 agosto 1916 ad Udine per ferite riportate in combattimento.

Antonio di Giovanni nato ad Arsiè il 7 aprile 1895, caporal maggiore del 20° reggimento Fanteria, morto il 22 novembre 1915 sul Carso per ferite riportate in combattimento.

Giovanni di Angelo nato ad Arsiè il 6 febbraio 1917, soldato del 6° reggimento Alpini, disperso il 15 nevembre 1917 sull’altipiano di Asiago in combattimento.

Giovanni di Gaetano, nato a Forno di Zoldo il 10 ottobre 1889, caporal maggiore del 7° reggimento Alpini mortoil 22 ottobre 1915 sul monte Cristallo per fatto di guerra.

Giuseppe di Vettore nato ad Arsiè il 16 marzo 1896, soldato del 79° reggimento di Fanteria, disperso il 2 luglio sulmonte Maio in combattimento.

Pietro di Giovanni, nato ad Arsiè l’1 maggio 1890, soldato del 56° reggimento Fanteria, disperso nel novembre 1915 per fatto di guerra.

Stieven

Attilio di Alessandro, nato ad Arsiè il 14 novembre 1897, soldato del 7° reggimento Alpini, morto il 20 aprile 1918 in prigionia causa malattia.

Giovanni di Felice nato ad Arsiè il 20 settembre 1894, scomparso in prigionia.

Strapazzon

Massimiliano di Arcangelo, nato ad Arsiè il12 aprile 1889, soldato del 158° reggimento Fanteria, morto il 25 agosto 1918 per malattia.

Zancanaro

Sebastiano di Antonio (Meneghet) soldato del 5°reggimento Genio, nato ad Arsiè il 5 novembre 1898, morto il 3 novembre1918 a Milano per malattia.

Angelo di Domenico soldato del 7° reggimento Alpini nato ad Arsiè,il 2 agosto 1897, morto il 14 dicembre , sul monte Grappa, per ferite riportate in combattimento.

Angelo di Giovanni, soldato dell’8° reggimento Alpini,nato ad Arsiè il 26 agosto 1894, morto il 18 luglio 1916 inVal Dogna, per ferite riportate in combattimento.

Costantino di Felice soldato del 7° reggimento Bersaglieri, nato ad Arsiè il 27 aprile 1885, morto il 20 dicembre 1918 a Brescia per malattia.

Giuseppe di Felice sergente del 7° reggimento Alpini, nato ad Arsiè il 24 gennaio 1891, morto  sul monte Cauriol il 5 giugno 1917, per ferite riportate il combattimento. Medaglia d’argento al valor militare.

Lorenzo di Felice soldato del 1° reggimento Genio, nato ad Arsiè il 5 giugno 1879, morto il 1 gennaio 1917 in ospedaletto da campo num. 73 per malattia.

Luigi di Giacomo caporale del 7° reggimento Alpini, nato ad Arsiè il 29 maggio 1896, morto il 28 maggio 1918, a Firenze causa malattia.

Mansueto di Giovanni Battista(Prai) soldato del 7° reggimento Alpini, nato ad Arsiè il 5 dicembre 1897, morto il 3 maggio 1918 in prigionia causa malattia.

Giovanni Battista di Giovanni soldato del 276° reggimento Fanteria, nato ad Arsiè il 16 luglio 1877,morto l’8 gennaio 1918 in prigionia causa malattia.

Giovanni di Florindo soldato del 2° reggimento Granatieri nato ad Arsiè il 19 marzo 1895, disperso il 3 giugno 1916 in combattimento sull’altipiano di Asiago.

Zanolin

Elia nato ad Arsiè il 11 febbraio 1897, soldato del 7° reggimento Alpini, morto il 26 agosto 1918 in prigionia.

sacerdoti nativi di Rocca

1.parrocchia di Santa Maria assunta (Casale Scodosia) Brustolin Angelo nato a Rocca d’Arsiè 1839, cappellano.

2.S.Giorgio (Rovolon) Arboit Giacomo, nato a Rocca di Arsiè 1842, arciprete, a detta degli fabbriceri l’arciprete gode della stima e l’affetto della popolazione.

3.santi Pietro e Paolo (Voltabarozzo) Grando Giovanni Battista, nato a Rocca di Arsiè 1848 o 1828, curato di Rio.

5.Bassani Lorenzo nato a Rocca di Arsiè 1840, parroco di Cismon di Grappa.

6. Arboit Michele nato a Rocca di Arsiè 1833 parroco di Rocca di Arsiè, Ceccon Marco, nato a San Nazario 1861, cappellano

 Santa Giustina (Solagna) Zancanaro Giacomo nato a Rocca di Arsiè il 1885, cappellano curato, mansionario alla Chiesa dei Colli Alti e maestro nelle scuole.

10. Santa Maria Assunta (Arsiè) popolazione: oltre 2100, sanità: la mammana  domiciliata in parrocchia è capace, il medico comunale “è uno spregiudicato e un pretofobo, non si cura per niente affatto di avvisare a meno che non sia richiesto dal sacerdote o da parenti degli infermi.

11.san Basilio (Roncaglia) nella seconda visita pastorale del 26 maggio 1900 risulta parroco Brustolin Giuseppe  nato a Rocca di Arsiè 1845.

 

1699 il 10 gennaio Fiorese Mattio fu Lazzaro quarantenne di Cismon muore “oppresso e percosso da grandi quantità di borre”, nella valle delle Faghere, contrà Carassagno, della Rocca, territorio feltrino, avendo invocato i nomi di Gesù e Maria.

1717 22 settembre, Martinon Maria fu Valentino, di anni 15, dalla Rocca annegata accidentalmente nella cura di Rocca e ritrovata nel Brenta in questa parrocchia.

1723  14 aprile, Smaniotto Mattio della pieve di Rocca d’Arsiè, di anni 58, annegato al ponte di Cismon, venne sepolto nel cimitero di San Marco in Cismon, per ordine dell’Ecc.mo Reggimento di Bassano e fede del curato di Rocca che sia stato da tre anni in qua alquanto lunatico (pazzo)

1703 15 giugno, Zancanaro Maria fu Francesco, della Rocca, muore precipitata dal sasso d’Incin, aveva ricevuto i sacramenti il giorno prima.

1740 il 20 giugno Grando Pietro della Rocca di anni 50 è precipitato dal monte di Peda’ Ansin ed è morto subito.

1873 Arboit don Giacomo fu Domenico e fu Giacoma Bassani, di anni 31, nativo di Rocca, cappellano della frazione di Rivai di Arsiè, incensurato, viene processato per l’accusa di contravvenzione art. 27 della legge sulle Privative, con sentenza del 19 ottobre viene deciso di non farsi luogo a procedere.

1680 Antonio Zancanaro di Giacomo d’Anzin rimane ucciso per caduta di “borre” tra Corlo e Rocca, non potè ricevere l’assoluzione sotto condizione, ma a tempi debiti s’accostava ai Sacramenti e viveva da bon cristian.

1774 il 21 novembre Smaniotto Antonio del Corlo di Arsiè, di anni 40 circa, muore precipitato dalla strada che da Ansìn porta al Ponte di Cismon.

1872 Borsa Angelo fu Antonio, detto Bano, di anni 51, di Incin di Arsiè, Belluno, illeterato, sposato, incensurato, accusato di contravvenzione dell’articolo 27 della legge sulle Privative, essendo stato trovato in possesso il 18 novembre 1871 in Valgadena di Valstagna di kg. 2 di tabacco in polvere, con sentenza del 23 ottobre viene condannatoa una multa di lire 51 e altre 40 lire di proporzionale.

1872 Brandalise Clemente di Antonio 27 anni di Rocca d’Arsiè, Belluno. per essere stato trovato il 25 gennaio in possesso di 100 grammi di tabacco presso la valle di San Lorenzo in San Nazario, viene condannato il 30 novembre dal tribunale di Bassano a una multa fissa di lire 51, e di 20 lire di proporzionale.

 

feste decennali, estratti dalle relazioni dei parroci

1879

in quest’anno il giorno 5 ottobre dedicato alla gran Vergine del Rosario  fu portata in processione solenne l’immagine della Vergine del Rosario che si venera in questa chiesa. Questa immagine non viene rimossa dal suo luogo ordinario che ogni 10 anni, a meno che una qualche funesta pubblica sciagura non avesse ad affliggere questo paese, fuori di questo caso, mai… Nella sera della vigilia della solennità poi, si dà il segno dell’Ave Maria della gran festa con uno sparo dei mortaretti e con l’armonioso suono dei sacri bronzi, mentre tutto intorno sulle cime delle circostanti montagne si fanno immensi fuochi che rischiarano le tenebre della sera, e manifestano anche ai circostanti paesi la grande solennità del giorno seguente, invitando così i popoli vicini ad unirsi con noi ad onorare Maria. Giunta all’alba del giorno solenne suonano a festa il sacri bronzi, mentre i mortaretti echeggiano in questa nostra vallata, annunciando così la comparsa dei gran giorno della Vergine del Rosario. All’ora solita si celebra la prima messa, e alle 10 la messa solenne…. Alle 2.00 circa pomeridiane sin da principio ai solenni vespri, terminati i quali si istituisce la processione solenne intonando le litanie lauretane. Procede colui che porta il fanale… La strada che si percorre è quella che conduce alla contrada San Rocco; lungo la medesima vengono innalzati superbi archi trionfali di tratto in tratto, e specialmente nel mezzo delle contrade, contornati con rami di verde verdi. Le contrade per le quali passa la processione sono i Bassani, i Rochi, i Micelot, i Maccagnin, i Visigot, i Bernardi, i Stieven, i Tondi e si ritorna sulla via percorsa ai Bassani. Fu questa la prima volta che si percorse tal via… La processione si compì in quest’anno con somma devozione e pietà veramente cristiana, e i circonvicini paesi vi concorsero numerosi e persino da Feltre, e quei Signori, che vennero forse per semplice curiosità ebbero ad encomiare tanta pietà e meravigliarsi di tanta devozione e del bell’ordine tenuto in tutta la processione, senza che il minimo inconveniente succedesse, e conobbero una volta di più che nel petto di questi alpigiani alberga ancora l’antica fede ad onta dei tempi si tristi ed in un anno si critico quale fu il presente. Il parroco

1929

eravamo già prossimi alle feste tanto care a questi figli, la festa decennale della Madonna del Santo Rosario patrona e Madre carissima del popolo cristiano. Quella Madonna che andata profuga nella parrocchia di Rivai durante l’invasione del febbraio del 1919, veniva levata da lassù e portata processionalmente a Rocca e proprio in quel giorno il sottoscritto parroco vestito da soldato essendo ad Arsiè faceva da celebrante, ne tesseva un serto di Lodi nella sua chiesa e tra le acclamazioni del popolo la poneva nella nicchia del suo altare perché forse in mezzo a loro conforto e aiuto nell’ora della necessità. Per il giorno dell’trionfo della Madre ogni cosa è al suo posto, le anime dapprima, i corpi, le case, le strade… La grande solennità è preceduta da un triduo di predicazione. I devoti accorrevano non badando al sonno né i disagi sacrificando necessità… Sul far della notte squillano le campane, numerosi falò illuminano i monti circostanti, per le strade un vociare continuo e allegro mentre i giovani stanno facendo gli ultimi ritocchi ai loro archi trionfali eretti lungo la via per la quale deve muoversi la processione con la venerata immagine. Il mezzogiorno è già suonato e dai paesi incominciano ad affluire presso la chiesa le associazioni cattoliche, le congregazioni, le confraternite, le pie unioni delle figlie di Maria delle parrocchie limitrofe: Arsiè, Mellame, Incino, Cismon, Fastro, poi altre rappresentanze, autorità civili… Mentre si cantano i Vespri il parroco coadiuvato da bravi giovani preparano snodata la processione, dai poggi della strada è uno svolazzare di fazzoletti e grida di evviva alla gran Madre, alla Vergine del Rosario. Due ore e mezzo durò la processione, devota e salmodiante, ordinata e disciplinata… Col canto del Te Deum e colla solenne benedizione della reliquia della Madonna ebbe termine il giorno da dieci anni desiato. Non è contro la verità se si asserisce esservi stati nel pomeriggio a Rocca circa 10.000 persone, questa asserzione correva sulla bocca di tutti. Il parroco

1969

seguendo una tradizione plurisecolare della parrocchia, si tennero dal 28 settembre al 5 ottobre i solenni festeggiamenti in onore della Madonna del Rosario. Riuscirono in maniera superiore ad ogni aspettativa; non pensavo che queste feste fossero sentite ancora così profondamente da parte di tutti, anche di coloro che sono abitualmente lontani da ogni pratica religiosa… Momento culminante delle celebrazioni fu la processione, per la folla incalcolabile, i magnifici addobbi ed archi di trionfo, la devozione e la commozione profonda. Il parroco Don Lino

1979

le feste decennali in onore della Madonna del Rosario sono state celebrate con grande solennità e partecipazione di popolo, circa 3000 persone. Sono state anticipate al mese di agosto, perché di solito si svolgevano in ottobre, per le giornate più belle e più lunghe, per la presenza in paese di ospiti villeggianti e specialmente per dare la possibilità agli emigranti di essere presenti. “Mai vista tanta gente così”: è la testimonianza degli abitanti di Rocca. La processione si svolse su un nuovo tragitto cioè: chiesa, via Liberazione, chiesa vecchia, chiesa. La cerimonia di riposizione della statua della Vergine fu celebrata dal sacerdote novello Don Francesco  Bonsembiante di Arsiè. Il parroco Don Giuseppe

1989

le feste si sono svolte con grande partecipazione di popolo, con intensa fede, in un clima di gioiosa e fresca amicizia. Tutta la parrocchia è stata “in festa” per 10 giorni riscoprendo non solo la propria devozione alla Vergine ma anche la propria identità cristiana. Momento culminante delle feste è stata la solenne processione lungo un viale stupendo di verde, fiori e bandierine costruite da tante mani e con grande amore. Una folla straordinaria ha seguito la processione che è stata presieduta da monsignor Alfredo Magarotto vicario generale della diocesi di Padova. parroco Don Cesare

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